Capitolo 85 Granfranco Baffato album Bendati su dirupi
Siamo alla fine del posto di manovra, ormeggiati solidamente alla nostra piattaforma della base Nibraforbe. L’equipaggio ha già lasciato il bordo e stano tornando tutti a casa per un po’ di riposo. Ancora abbordo, concludo gli ultimi dettagli prima che gli operai dell’arsenale salgono per la manutenzione necessaria dopo la nostra lunga immersione. Stacco anch’io, esco sulla passarella, ed osservo due impermeabili scuri, collo alzato, occhiali neri, borsalino in testa, baffi retro, scarpe lucide che mi stanno aspettando sulla piattaforma. La loro macchina è nera e sembrano meno in modo incognito che se avessero un lampeggiante multicolore in testa: sono due agenti discretissimi del Intel. Non ho macchina in parcheggio e nessuno a prendermi, ma decido di prenderli da l’alto, con una spolveratina di disdegno. Prima che sputano una parola, salgo direttamente sul sedile di dietro, alla loro più grande sorpresa e chiedo dal finestrino:
- Via Camp Lion, 29. Località Pangea per favore…
Si guardano. Sono rimasti silenziosi… Salgono. La macchina si mette in moto mentre i finestrini risalgono automaticamente.
- È tornato… dice l’autista… penso che dovevamo tenerla informata…
Il passeggiero di davanti tende silenziosamente una busta A4 nella mia direzione. La prendo. E un po’ pesante, C’è un bel po’ di roba dentro. Apro. C’è un dossier completo, un CD, una raffica di foto, delle grafiche, l’art work, la totale.
Inizio a leggere mentre la macchina nera mi porta su in collina, fino a Via Camp Lion.
“Finalmente è in uscita il lavoro solista del mediocrissimo e tiepido Granfranco Baffato dal titolo “Bendati sui dirupi” per la supercanina Apocalypse Bau, la scandalosa La Ostia e l’inaspettata Les Jeux Sont Funk. Dopo anni di ritiro volontario dalle scene a compiacersi di sé stesso, interrogandosi sui più intimi segreti dell’esistenza, l’ex batterista e fondatore dei Supercanifradiciadespiaredosi ritorna maturo, portando la sintesi di un bizzarro lavoro fatto di disciplina e bagni turchi, introspezione e cucina somala. Dedicato a quelli che gli si incasinano i lacci delle scarpe, quando le tolgono, al prezzemolo tra i denti a un colloquio di lavoro, ai sacerdoti che, quando a messa dicono “Il corpo di Cristo” si sentono rispondere “Grazie!” Prestati amorevolmente da Les Jeux Sont Funk, collaborano musicalmente al progetto il raffinatissimo e dirompente Ciro Nagasaki, che ne ha curato suoni e arrangiamenti e Mr. B, Il bassista che vorresti avere nel tuo gruppo. Ospite di eccezione il cosmologico Brodolfo Sgangan dei Supercanifradiciadespiaredosi che ha dato fondo alla dignità’ pestando il basso in “Sirob”, pezzo sulla creatività’ pura, dedicato al suo fecondissimo alter ego.
Immancabile la presenza di O’Lindo Desdel Boom che ha curato la copertina e la grafica in toto riuscendo a trasporre in immagini l’intraducibile. Dodici tracce tragicomiche di energia che implode malamente su sé stessa, in cui si ascolta volentieri la pausa tra un brano e l’altro. Una apologia del fallimento senza limiti. Musica priva di attenuanti, che incanta.”
- Sappiamo che torna da una lunga missione, Capitan. Ma c’è un po’ di gente schedata che gira intorno a quell’uscita… poi, troppi altri non schedati… vogliamo un parere suo, fra 5 giorni… Top secret.
Siamo fermi davanti a casa mia. Scendo senza dire niente, ma con il dossier in mano, richiudo la portiera e il finestrino dell’autista si sta abbassando. Sta per dire qualcosa, ma batto tre volte sul tetto della macchina per liberare il mio “taxi”. Le parole li rimangono in gola e vedo che il passeggiero li ha appoggiato la mano sul braccio, storia di non insistere. La macchina sparisce, mi sento di tastar un fondo di bottiglia grappa alle ortiche e di spaccar un cuscino in due…
Al mattino seguente guardo attraverso le persiane, con la mia tazza di caffe in mano: la macchina nera è ancora sulla strada… Non ci faro più caso, tanto non ho voglia di uscire, metto il cd in loop nel lettore e ancora in pigiama sfoglio il dossier: Finalmente Baffato ha fatto meglio dei Bankrobber “Bendati sui dirupi” appare su TRE cataloghi diversi: Apocalypse Bau, La Ostia, Les Jeux Sont Funk 2018. Su l’album Granfranco Baffato: si incarica delle voci, batteria, sintetizzatori, chitarre. Due musicisti misteriosi sono nominati nei credits: Mr. B s’assegna il basso, mentre Ciro Nagasaki si occupa delle chitarre, sax tenore, flauto, percussioni, tastiere, programmazioni. Ritroviamo il vecchio compagno di canile Frodolfo Sgangan che ha suonato il basso in “Sirob”. La grafica e artwork sono di “O’Lindo Desdel Boom” per Grafiche Paura. Il Mixing e mastering sono a cura di Carlo Nardi per SoundMusicProduction.
“Apertura” (La realtà’ dei fatti)” mi ricorda la musica sedimentare di Johnny Mox nel suo album “We are trouble”. Spessori vocali dopo spessori vocali, questa introduzione originalmente chiamata “Apertura” prende corpo per affermare il teorema “Ogni azione è fallimento” fino a lasciarlo comicamente alterarsi nel canto di un’anatra.
“Sedanogamba” ci riporta negli anni della Disco. La canzone invita al ballo, con pero, un contenuto un po’ ermetico. “Arriva felino e punta il perineo, non fuggirai perché lui sa chi sei, ti chiaverà, ora sai che lui è: Gambosedano, sedanogamba!” Non vorrei capire, ma a parlare di verze in un contesto tale, avrei utilizzato ben altro. Tipo carota o cocomero. “Ti piacerà, non ha misura. Conoscerai il suo meato. Gambosedano, sedanogamba!” Non so se il sedano va di moda o se c’è un gioco di parole con gamba, ma posso quasi assicurarvi che a coperto di una canzone sull’orto, sta traccia parla di sesso! Solo un raduno popolare potrà portare a un cambio delle mentalità: Legalize Sedano! Bella partitura di sassofono originalmente integrata nel pezzo.
“Non c'è meraviglia, non c'è stupore...” Ed è vero! “Massimo”, è un rock di semplice, ma di efficiente costruzione che ci invita a creare lo stupore con ricette semplici: “Tutti nudi alle poste. Fare outing in moschea. Ventriloqui in questura. Bendati sui dirupi. Gare di rutti in tribunale” fra i più significanti. Notare il suono semplice della tastiera, che ritroveremo su quasi tutto l’album. Suoni basici ma sempre integrati che dipingono un’atmosfera leggera e onesta.
“Coccidicanisudaticci” è un coro a due registri per voce sola che si ispira dal coro di montagna: ci sono cani, ci sono mici… c’è un po’ di sudore che è anormale per un cane, ma cosa può rimanere normale su questo dirupo? Per lo meno, in quattro tracce, ci si riesce a quasi misurare il contributo di Granfranco nel risultato finale di ogni album dei supercani. Combinato con la fantasia creativa e smisurata di Findut, credo che Brodolfo stava lì, solo a calmare il delirio di questi due qua e fare rimanere con impegno, le idee sfornate a profusione in una direzione costruttiva…
Un Baffatofono apre, imponente, “Sirob”, la canzone la più canina dell’album, appoggiata del tutto sulle tastiere. E la traccia la più orchestrata dell’opus, con suoi sintetizzatori che si rispondono, una chitarra che sincopa la fine di ogni verso e un basso presente, ma per lo meno discreto. Melodico e coinvolgente il ritornello “Sulle scale, giù le scale” rimane ipnoticamente in testa. Notevole pezzo.
Entriamo nella Brit pop alla Supergrass di buona fattura su “La disperazione della fame” con un testo di un’importanza rilegata al secondo piano: Una lepre, del sugo e un cameriere che prende un ordine. Ma condito di “duba budi duai budi daida” in contorno. Bel lavoro.
Bel pezzo rock progressista anni 70, con il suo un testo scandito due sillabe alla volta. C’è un’atmosfera di messa nera sacrificale in “Tetano” che impone la sua potenza sotterranea. Una stupenda chitarra elettrica riempie il ponte musicale con il baffatofono. Secondo me la registrazione poteva tradure molto più potenza e inesorabilità, anche al costo di vedere il pezzo staccarsi troppo dello stile generale dell’album. Lasciamoli sfogarsi nei live quando l’occasione li sarà data.
Non riesco ad agganciare su “Scatole” per la difficolta che la melodia del canto ha ad integrarsi con la musica. Sono quasi spiacente di ammettere che c’è poco che mi attira in questa traccia. Tanto ho passato la giornata in pantofole e pigiama a sgranocchiare biscottini, mi sento di muovere un po’.
E notte fonda e mi sento di uscire segretamente per raggiungere “the Pits”, il bar della mia gioventù, senza farmi nottare da miei due cani da guardia, piantati davanti casa. Felicemente siamo a fianco di collina e non faccio fatica a traversare il lungo giardino, scendere allungo il muro di pietra per raggiungere la strada sottostante e prendere il pullman che si ferma proprio lì, per scendere in citta, lasciandoli annoiarsi davanti alla luce della tivù che ho lasciato appositamente accesa. Arrivato a destinazione, ordino un long drink al proprietario del bar, Huggy Bear che conosco da anni e a chi lascio un pezzettino di carta con scritto i tre nomi misteriosi. Mi siedo al tavolo nell’angolo scuro vicino al bar, mentre tutti sono in terrazza. Huggy torna, dopo un giro di telefonate, con il mio drink e un po’ di informazioni: Mr B. è il ancora non schedato Michele Bazzanella, che non è neanche parente con il famosissimo Giulio Bazzanella di Radio Palinka e recente presentatore a Balcony TV. Ciro Nagasaki si chiama Carlo Nardi e assieme sono i due fondatori di “Les jeux sont funk” dove l’album è stato registrato. Huggy conferma il mio sospetto che O’Lindo Desdel Boom non è niente altro che Felix Lalù. Del resto lo stile inconfondibile del pittore Trentino si ritrova nella sua tendenza “naif”. Da buon capitano avevo travisto la coda di un pesce nel giallo e nel blu del dirupo, come una balena destinata a finire in un destino parallelo al bendato, ma in fondo, non lo era. Era solo una sinfonia cromatica alla Piet Mondriaan per creare del rilievo nel terreno. E tempo di tornare a casa. Un’ultima occhiata attraverso le persiane, prima di spegnere tutto: i due agenti del Intel sono ancora qui.
“Il sole” Mi tira fuori del letto: “Uiii ostoperio prandaro.” La macchina nera è sempre qui, con ripieno di impermeabili scuri, nonostante la giornata calda annunciata. Un pezzo gioioso porta l’energia necessaria per apprezzare il calore sprigionato dalla fornace nucleare intorno a quale giriamo. E un rock a ritmo medio, in quale gli stacchi lasciano spazzi liberi per la batteria.
Farei meglio ad uscire anch’io… Storia di mettersi nella pelle di un moldavo che esplora fantasticamente la grammatica Italiana come l’ho fatto nelle mie prime recensioni… “C’è il Sole gialli, e io sono contento. L’uccellini che cinguetta felici È belli!” Magari con un cono gelato a guardare il nuovo Trento molti-pluri-tanti-troppi-culturale di oggi: “Marocchini che spacciano ad albanesi, che molestano gli zingari, che rubano ai serbi che truffano i cinesi, che scappano dai trentini, che sbroccano su moldave, che badano a nigeriane, che battono.”
“La vera realtà̀ dei fatti” è una frase unica, mi sto chiedendo se introduce…
“Fortunato”, un rock/twist sostenuto da un sax tenore, che percorre la trama costante di una tastiera programmata. Il risultato è convincente. Ho personalmente conosciuto un compagno di scuola che, verso la fine degli 70’s, guidava la moto a cerca di record in zona abitata, spaccando anche un retrovisore contro un pallo del telefono, cercando di superare i 90km/h in una lunga curva, per divertimento. Gran bocca aperta al bar, ad avvalorare uno scroto in ipertrofia, a fare quello che faceva. Qualche anno dopo, I suoi hanno fatto risparmi sulle torte di compleanno. Sono intorno a noi… Esistono veramente.
“Chiusura (farfalla)” nonostante la sua introduzione vocale iperrealistica, è un lento calmo e dosato, una ninnananna, un tema corto, in un loop corto. E la sua delicatezza a scortarci fuori di questo album originale senza “intro” ne “outro” (per una volta).
Questo opus serve a definire la personalità di un batterista che presenta il suo universo, la sua fantasia, la sua capacita di composizione, e la sua capacita ad altri strumenti. E un pezzo di puzzle. Prende valore ed importanza solo quando s’incastra perfettamente con altri pezzi, o con collaboratori del passato, del presente, o del futuro.
E tramonto, esco in pantofole e vestaglia sul marcia piede davanti casa, con la busta A4 che mi è stata data due giorni fa, contenente il mio rapporto. La macchina nera si mette in moto, si ferma davanti a me con il finestrino giu. Senza dire niente, il passaggiere afferra la busta, la trattengo scherzosamente, lui tira un po’ più forte. Resisto ancora un bel po’ prima di mollare. Vedo il suo volto annoiato fucilarmi dello sguardo. Sorrido pienamente alzando i tacchi per sparire dietro il cancello. Chiudo la porta dietro di me, d’ora in poi son veramente libero. Do un’occhiata alla mia scrivania per costatare che:
- Che scemo! Erick! Che scemo che sei!
Li ho dato una busta vuota…

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