Capitolo 150 Herr EP Demo Love is in the Herr
[…] Seguito recensione Karatechesi
Torno dalla mia cabina, ho fatto un gancio strategico dal Mess ufficiali per impugnare un bel tazzone di caffè, preparato con cura da Seven Seagul, il nostro cuoco e torno nel Centrale per vedere una riunione fra il Secondo, Jones e il Capo centrale, che ha già il naso nei suoi appunti. Sono in piede nel corridoio del passaggio di accesso al centrale e le guardo fare, non che la scena sia inabituale ma il mio quinto senso e mezzo mi dice che ci si nasconde qualcosa, alla mia attenzione. La gomitata discreta che il Secondo dà al Capo centrale, dopo avermi notato dalla coda dell’occhio, mi rivela indizi. Qualcosa bolle in pentola e in segreto. In Tant’ siamo in strada per la base Nibraforbe per rendere alla vita odierna i tre civili che abbiamo abbordo. Abbiamo più di un’ora e mezza di transito prima di tornare alla base.
- Novità? Chiedo al momento di riprendere il mio posto nella poltrona del centrale.
- Niente più dei soliti segnali, di quale non ci occupiamo. Missioni non richieste da l’Intel per la maggior parte.
- Quanti c’è ne sono?
- Uno.
- E di solito quanti c’è ne sono.
- ‘na decina… Varia… cinque, sei… Roba del genere.
- Jones, azimut e distanza?
- Nel 180, 26 miglia.
- Ah… Vediamo se la strumentazione le becca a quest’angolo. Dai! Storia di vedere…. Per calibrazione…
Mi giro verso il personale civile presente a bordo; I due ingegneri del cantiere Navale di Garniga terme si chiedono se devono ricollegare al meno un lap top e li faccio segno col mento… che sarebbe meglio…
- Jenkins mettimi tutto in moto, Capo centrale? che c’è sul suo blocco, che è già fornito di fogli.
- Un file che viene con i rilevamenti sparsi, chi sono, se sono schedati, se c’è un album già pubblicato… queste robe qui in somma. Generalità su tutti rilevamenti presenti in zona.
- E quanti c’è ne sono, per caso?
- Uno.
- Secondo, li lascio la manovra per entrare alla base. Capo, è sul nostro rilevamento gli appunti che hai?
- Si, vuole che faccio un rapporto?
Solevo lo sguardo e considero, braccia leggermente allargate e palme delle mani girate verso il soffitto, tutto il Centrale Operativo, in un’osservazione circolare per fare capire, dondolando leggermente della testa che siamo in immersione e che non c’è un migliore posto, per fare una lettura ad alta voce.
- Ahrem…hmmm hmmm, si certo: La band si compone di Jacopo Coen alla voce e chitarra, Matteo Bertagnolli al basso e seconda voce, Andrea Spellini alla batteria. La Demo del trio Herr “LOVE IS IN THE HERR” è stata registrata e mixata durante la quarantena, al Roccia Studio, uno studio personale di Molveno, a casa di Andrea Spellini. Il caso vuole che subito dopo il Premier Conte impone il lockdown e i tre si ritrovano lì, in quarantena nello studio. Le tracce sono state mandate a Giuseppe Sogaro al Mastering e missaggio White Beech di Liverpool, che decide di partecipare al progetto, da dove dirige la loro inettitudine nel registrare, e fa il lavoro di missaggio e mastering. Il suono del gruppo sono i groove funky creati da una simbiosi a tratti punk tra batteria, basso e chitarra, con sporadici elementi elettronici. Sulle basi Jacopo incastra dei rap con quello che gli frulla per la testa. La copertina e dello stesso Jacopo Coen.
- Rap? Per le trippe di Richard Dawkins! Jenkins? Mie pillole per favore!
- Normalmente non trattiamo quel tipo di rilevamenti… sappiamo che è allergico….
- Capisco, capo. Capisco. Pero adesso che ci siamo, guardiamo i dati lo stesso…
I dati si impilano e in fine sono qui; basta analizzarli. Allora, cosa troviamo di diverso con altri gruppi di rap. Beh già, il giro musicale è diverso. Non si tratta di un loop ripetitivo o di un DJ che aggiunge scratches a una base tirata fuori dal suo computer. Non abbiamo tutte le “introduzioni” vocali composte di “Uh!” e di “Ahaaa”, “MC blabla is in the place” e altri condimenti orbitali che si fanno comunamente e quasi automaticamente nei primi secondi del brano. Non c’è l’attitudine provocante e la gestuale piena di mimiche, viste tre milioni di volte, perché hanno le mani impegnate sugli strumenti; un po’ come quelli di “Got it” di quale abbiamo già parlato qui, solo con reazioni allergiche minori da parte mia.
Di comune con gli altri gruppi RAP abbiamo la lunghezza dei testi, le parolacce nei testi (poche a dira la verità), gli spinelli nei testi, e le metriche usuali che cadono naturalmente sulla musica, senza avventurarsi nell’innovazione, ne l’originalità. Per la grafica, il logo della band sembra essere stato ricavato dall’identificazione di un flight-case, il nome del gruppo ci è scritto con pezzi di adesivo elettrico, preso in foto e lasciato cosi. Al meno è originale. Buon, andiamo fare un giro, con il loro disaggio:
“Numeri” mi fa notare un bel basso messo avanti, come mi piace. E spero già ritrovare queste proporzioni allungo l’album. La batteria non è troppo invasiva e sta arretrata con la chitarra per lasciare la raffica di “numeri, numeri, numeri, numeri, numeri, numeri…” prendere il sopravento. Una tastiera aggiunge colori, come un contorno su un piatto di restaurante. Il tutto è piacevole allo sguardo come al gusto. Mi riprendo una pillola. Perché rimangono ancora 4 brani.
Felicemente ritroviamo le stesse proporzioni di strumenti sulla seconda traccia “Cinico” e penso che questo sarà il tono dell’album. Tranne che la chitarra si incarica di adornare i versi di frasi corte e ripetitive lasciate in sovraincisione sopra la chitarra originale che scivola sulla pedala wha-wha alla moda new yorkese, dal primo secondo, fino alla fine del pezzo. Leggero “Tongue twister” equivalente al scioglilingua locale: “Trenta trote trentine che trottolano: “Che han gusto a tirare limiti fatti di lividi Crimini cinici di bravissimi medici” occupa la posizione strategica degli “numeri, numeri” della traccia precedente.
“Mood” è il pezzo più funky dell’album e comincia con una miscela di testo fra inglese e italiano in un’atmosfera affumicata di erbe a proprietà tribale e spirituale. La tastiera appare solo discretamente nel ritornello, rappresenta un’interferenza continua, che segue i cambi di tonalità.
“Chica” richiama i cori del trio per punteggiare di “hey, hey, hey!” su ogni battuta, come la ricetta lo richiede per sottolineare esageratamente il ritmo. La chitarra si sposta un po’ più avanti, per sostenere i vocali che scaricano raffiche di consonanti risonanti, sottolineate dall’appoggio della seconda voce, secondo schemi classici nel rap: Bum, bum, tcia! Bella partitura di basso tutto allungo la canzone come su tutto l’album.
“Sottochiave” è condito di molte più tastiere, che guidano melodicamente la traccia. La chitarra si fa ritmica e rimane campata nel suo giro. Il basso, che fa bollicine, crea la trama su di quale la voce rimbalza. Ci si sente Salvini (al meno credo) che invita immigrati a fare le valige in ordine e con calma. Io vorrei avere la sua convinzione, o allora quello che fuma. La sua traiettoria è un’orbita stabile sopra le realtà di questo mondo. In fine, le parole delle canzoni popolari sono sempre più vicine alla realtà della vita odierna, che quelle di qualsiasi eletto.
Herr si allontana a misura che l’effetto delle mie pillole si dissipa. La strumentazione è stata capace di beccare tutto il segnale, nonostante l’angolo della sua provenienza. La capacita di letteralmente suonare strumenti dal vivo e di depositare un testo sopra la performance musicale, le distacca un po’ dal branco, in questo settore del Hip hop. Quello che mi irrita un po’ in questo genere e la fotocopia automatica e fedele di mimiche, teste che dondolano come cagnolini di plastica sulla spiaggia del retro finestra di una macchina degli anni 70, pause, segni digitali della gengha, attitudini di disdegno verso il resto della popolazione e una superiorità di cartone. Felicemente il Trio Herr sembra distaccarsi con la loro capacita di suonare FUNK, già prima di depositare vocali di qualsiasi tipo sopra.
Tanto l’acqua della cascata di Sardagna cade sullo scafo del sommergibile, i due ingeneri dell’arsenale hanno ripiegato i lap tops e sono contenti della calibrazione. Il capo cantiere sorride, sia del suo lavoro che dal suo ritorno sulla terra ferma. Ma già sulla piattaforma ci aspetta verdura fresca e frutta. Questo vuole dire che dobbiamo ripartire fra poche ore. Destinazione ovviamente sconosciuta.
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