Capitolo 157 Odla album Oltre il cielo alberato

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Sento bene che l’equipaggio ha voglia di tornare alla base, godere qualche giorno di riposo ed uscire di questa latina di ferro. Capisco, sono uno dei primi, abbordo, ad essere invaso da questa voglia, questo chiodo fisso. Del resto stavo per aprire la bocca e dare l’ordine di fare rotta verso la base, che siamo già navigando nel 270 per recarsi a casa, quando Jones, come per incanto, taglia secco l’ispirazione necessaria a pronunciare quel ordine.

- Segnale!

Trovo finalmente una plausibile spiegazione per l’arrivo dell’espressione “rimanere a bocca aperta” nel linguaggio, essendo interrotto nella mia intenzione.  L’operatore sonar il più qualificato della flotta promette di farci rimanere immersi e prosegue, come da manuale, nella procedura di descrizione della sua scoperta:

- Nel 192, rotta nel 090, distanza 12 miglia, velocita 7 nodi, profondità 025. Nuova firma sonar in trattamento.

Non c’è bisogno di chiedere la distanza minima; siamo diretti verso Ovest e loro vengono da Sud e vano verso Est…  Bisogna manovrare, siamo ancora a profondità 050 e non voglio allontanarmi troppo dalla base, non mi sento di correre dietro il rilevamento.

- Rotta nel 145 per mezza-miglia, poi ferma propulsione…

Jones prosegue inesorabilmente nella sua analisi del Bip, che ci tiene prigionieri nelle profondità:

- Odla. Nuova firma sonar registrata in banca dati.

Il capo centrale è già in contatto con l’Intel sulla rete Flash e bisogna solo aspettare il rumore del telex e il ripiego della fisarmonica di carta perforata, nella cesta sottostante. Visto la nostra ridicola distanza dalla base, non tarda ad arrivare. Portablocco, messa in ordine, selezione di dati essenziali, matita gialla, gommino, clip in cima al portablocco. Il capo centrale si pianta davanti alla poltrona del centrale operativo:

- Ci sono due schedati: Davide Prezzo e Edoardo Vergara aka V.Edo. Poi me sembra che Odla le aldo al rovescio…

- Ah? Beh… siamo quasi in famiglia allora… si, Aldo vedo ben, aspetta, Iznat…fa Tanzi no? Fai una richiesta sulla rete Flash a l’Intel…

- Certamente Capitan… L’album è uscito il 6 Novembre 2020, è stato scritto da Odla Iznat con la produzione artistica di Edoardo Vergara. Arrangiamenti: Edoardo Vergara, musicisti: Odla Iznat: chitarra classica, voce. Edoardo Vergara: chitarra classica, acustica, elettrica, 12 corde, ukulele, basso, moog, tastiere, effetti, bottiglie, marranzano, cori; Andrea Viti: moog su “A l’alba una terra” e su “Terra che senti” e suona anche il basso su “San Giuseppe da copertino”. Poi ritroviamo Davide Prezzo: mandolino e chitarra classica su “Pescatori di Lete”, Matilde Fabris: al violino e cori. L’album è un’opera scritta, ideata e registrata presso lo studio Niva your sound! di Ivan Benvenuti. Missato da: Andrea Viti per Amanita produzioni. Masterizzato da: Luca Tacconi presso Sotto il mare recording studio. I disegni sono ad opera di Paolo Dolzan, in fine le grafiche e impaginazione sono di Francesco Cappiotti. Ringraziamenti vanno alla provincia di Trento per la partecipazione, poi a Alberto Scotti e Cinzia la Fauci per il sostegno e i preziosi consigli.

- Grazie capo…  strumentazione in funzione, cominciamo.

Non c’è un solo colpo di batteria in questa galletta. Tutto questo concept album è un seguito di canzoni nude che crescono intorno ad una voce, una chitarra classica e che stanno bene in piedi come stanno. Sulla lunga distanza di un album di 11 canzoni è stato giudizioso di vestirle al secondo delle atmosfere descritte, per evitare la monotonia. Gli arrangiamenti e cori sono calibrati giustamente e stanno in seconda fila. Percettibili, ma non invasivi, il dosaggio lascia il soggetto principale; la chitarra classica e il canto, rimanere sul fronte del palco. Le tracce sono quindi vestite bene e su misura… roba da sarto. La voce di Odla è vicina, posata, campata nei bassi e leggermente profonda...  serve il testo, la scrittura… e la quietudine necessaria per dirigere l’attenzione dell’uditore sul testo.

L’album sembra raccontare una storia o al meno un viaggio, una migrazione nello stile folk/canzone italiana, c’è una calma serena da cima a fondo a l’album. La copertina pero è un quadro fra carboncino e acquarelle… rappresenta una casa in equilibrio sulla cresta del suo tetto, in quale cresce un albero, le radici sono ancorate nella casa, suoi rami puntano verso il cielo…

- Capo centrale? Hai altro sulla copertina?

- Si, si… informazioni raccolte da l’Intel dall’artista stesso: “La casa è il nostro riparo, lo spazio intimo, dove mettiamo radici. La casa capovolta rivela un albero che spunta dalle fondamenta e ora guarda il cielo. È l'albero, la metafora di noi stessi, ma è l'albero della vita, l'"Axis mundi" tra terra e cielo.

C’è come il rumore di un razzo che parte veloce per aprire “Una storia altrui”. Tre elementi nei versi determinano l’attualità del soggetto: Hassan, bombe e petrolio. Un ritmo, fatto di colpi di campane, cadenza la progressione del brano. C’è una malinconia nel lamento dei cori, il testo evoca un ragazzo che cresce in un ambiente in quale “[] ogni bocca è asciutta e non bacia più” la canzone si conclude nelle armoniche di una chitarra.

Separazione e dolore per “Il sogno di una madre”. Il vestito musicale descrive dietro la chitarra folk un’atmosfera cupa. La tastiera è grigia, il flauto è grigio. Tre versi senza ritornello dipingono un paesaggio grigio. E tempo di separazione fra madre e figlio.

La chitarra classica di “Al fuoco di luna” è un po’ più gioiosa e aerata. Riprendo fiducia perché sono un tipo solare e mi sento trasportato come in una carrozza, tirata da un asino, sul ritmo dell’ukulele. L’illusione viene confermata sul finale, da clave che “ticcano” e “toccano” al passo dell’animale. Ma perché ci si deve viaggiare notatamente??? Il contenuto ha pero, un gusto perso fra rimorsi e speranza:notte che più non ritorni qui…

Siamo quasi trasportati nel paese del sole levante su “I pescatori di Lete”, colpa della riverberazione, che dà al mandolino suonato da Davide Prezzo un suono quasi giapponese. Ci porta a cavalcare una frontiera a senso unico. Il Lete è il fiume dell’oblio nella mitologia greca e romana, dove i morti si purificavano prima di accedere ad un mondo migliore e lavarsi dello scifo della vita terrestre. Sempre questa penitenza odierna… Sempre questa ricompensa dopo la morte… sempre questo meglio altrove… Edoardo ci legge del Virgilio, nel finale.

I dati dello scanner solvono il primo mistero di questo album su “Al alba una terra” le famose bottiglie suonate da V.Edo non sono percosse ma soffiate. Si arriva su una “terra che non mi aspetta” e che a dire la verità, non preparata al fatto che “Qui tu non ritornerai in questa terra di guai” Un articolo di giornale trasforma il rifugiato in migrante, nell’arco della notte. Cosi…

Siamo nell’abbordo e adesso cosa si fa? Ci si sveglia… ci si vede che la speranza porta il nostro protagonista e suoi compagni di viaggio, in una situazione non migliore del tutto. “Pane e catene” è una chitarra classica che scorre su un tappetto di rumori bassi e scuri. Un assolo di chitarra scucito illustra la confusione di vedere la promessa ideata, non assomigliare del tutto alla realtà. Nel sogno di un uomo in catene, madre ho ritrovato la fede”. Sarei rassicurato di sapere quale…

“Ombra amica” è la sola traccia ridotta alla sua più semplice espressione. Chitarra e voce sola. “Se la nebbia sarà il mio destino” questo verso sembra accettare le difficolta che si presentano a l’orizzonte. Ci si parte da una casa capovolta ma rami e radici continuano a crescere: “In questa lotta verso il dolore ho perso l’odio ho trovato l’amore

“Casa” definisce l’ancoraggio del destino “E penso a te con la nostalgia che ogni ritorno è una follia” Matilde Fabris si incarica dei cori e del violino, aggiungendo del pizzicato per rialzare di ritmo la fine dei versi. Gradevole…

“Vorrei potere parlare con le città” è l’unica canzone con vocali registrati presso lo Sotto il mare recording studio da Andrea Viti, insieme alle tastiere registrate da Andrea Perini. Sogno svegliato o desiderio utopico “Vorrei poter parlare con le città, portare nel mio cuore l’umanità”. La confrontazione con l’odierno non potrà trovare uno sbocco; i cuori europei di oggi sono anche loro asciutti.
“ Terra che senti” è rialzata dagli archi di Matilde Fabris gonfiati con effetti e tastiere.  C’è un ritmo nel testo e una giustezza notevole nel senso e nel modo di scrivere, che dà al contenuto l’altezza dovuta.

Il 19 marzo è vicino al solstizio di primavera. La “San Giuseppe da copertino” con il suo riferimento al rinnovo nel ciclo naturale, conclude l’album. Una chitarra elettrica fa maglia, si perde nel suo eco, soppianta la timida apparizione di un rumore sintetico. Anche il testo conclude senza appello l’ultima traccia:Giuseppe da Copertino, strano scherzo del destino, ora il tuo nome in questa valle, che vende sogni a chi non vola più

Il capo centrale riceve dalla rete flash il risultato sulla mia inchiesta:

- Sembra che Aldo Tanzi non esiste… Odla il nome d’arte di Michele Eccher… non ho gnent altro…

- Beh, era giusto in tempo… ci aggiorna la scheda di Odla per favore. Concludiamo, torniamo alla base.

 

Il soggetto di questo disco soleva polemiche economiche, politiche e sociali. La vera realtà di questa storia si svolge dietro una tenda dietro quale il pubblico non ha accesso. L’informazione quotidiana è una selezione di fatti amplificati e truccati, poi viene urlata e ripetuta per tenere sotto silenzio l’informazione che disturba. Sono ovviamente un complottista. Il macchinario liberale ed impazzito nella sua progressione suicidaria, ha sette di petrolio. Non importa da dove viene, non importa cosa finanza, non importa se è pulito o macchiato di orrori. Il petrolio di Mossul, in mano al califfato, no si è mai fermato di fluire. L’occidente finanza a volte angeli e a volte demoni, spesso li finanza contemporaneamente. L’instabilità del medio oriente ha conseguenze e problemi solo per i popoli, solo fra popoli, solo fra quantità senza importanza… Noi. In alte sfere sono un’opportunità. I problemi sono buoni per il liberalismo moderno; permettono di fare più soldi immiserendo tutti, gettando briciole a chi deve semplicemente vivere. Qui la superficie richiama al nostro buon cuore e la nostra umanità. Dietro la tenda si vende di tutto, si vende tutto, in Europa oggi ci sarà sempre qualcuno per sfruttare gli atti del tuo buon cuore.

Siamo gli unici ad avere un cuore e un’anima in questa storia.

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