Capitolo 145 Nick Petricci EP Escapes
Ero lì a chiedermi se andare o no… se rimanere al letto o se prendere il pullman per andare a dare un’occhiata sul cantiere dello Wyznoscafo. Tanto non si doveva neanche passare dal centro, c’era questa fermata comune a due lignee, che finiva al cantiere navale di Garniga terme. Calzo scarpe di sicurezza un po’ sullo stile sport, ma rimango in boxer e maglietta, tanto fa caldo. Le due corriere sono poche affollate e in poco tempo sono al bacino secco. Devo dire che la visione del sommergibile con la pancia aperta mi ha dato un colpo, tanto so che è anche il modo in quale è stato costruito. Non mi preoccupo della sua futura solidità strutturale, siamo in buone mani. Faccio un giro abbordo con il capo cantiere a dare un’occhiata ai lavori. Poi stiamo per mezz’ora a tecnicamente chiacchierare al sole sul bordo del bacino secco e prima di renderli il mio casco e il mio badge da visitatore, due ombre si allungano a miei fianchi e non ho neanche bisogno di girarmi per sapere chi è:
- Allora I fratelli Dupont e Dupond, com’è là???
Si guardano fra di loro sicuramente a chiedersi come ho fatto ad accorgermi della loro presenza. Sono due agenti del Intel, come al solito discretissimi con l’impermeabile e il borsalino in testa in questo sole primaverile. Mi giro…
- Ma… l’ven da piover? Non ho guardato la meteo stamattina. Poi senza aspettare, cammino di un passo deciso verso la loro macchina nera, che deve già essere un fornello a qualche minuto delle 9.
- Sappiamo che è di riposo, Capitan ma dobbiamo parlarli di un tizio che conosce…
Mi seguono, anzi mi scortano mentre cammino verso il veicolo, che finisco per raggiungere…
- E chi sarebbe?
Afferro la maniglia della porta di dietro e salgo, mi siedo sulla banchetta mentre i due agenti salgono abbordo. Il Dupond passeggero mi tende una foto bianco e nero, e riconosco la via che attraversa Campi. Nick è sul palco con Julio dei Jambow Jane ed io sono sulla foto a due metri della scena… sembra che l’Intel mi segue ovunque, non mi va giù…. Al contrario del dossier su Granfranco Baffato che mi avevano dato durante il nostro primo incontro, la busta A4 che Dupond mi rimette è piuttosto leggera. Apro. Due fogli, niente di più.
- Sappiamo che è con I Jambow Jane ma vorremo saperne di più, su questo caso.
La macchina esce dell’arsenale e Dupont l’autista sembra dirigersi verso casa mia; Via Camp Lion, 29. Località Pangea.
- Viale Supercanifradiciadespiaredosi, per favore. Chiedo senza alzare gli occhi del contenuto della busta. Studio qualche particolari, mentre il veicolo entra in un traffico più denso.
- Lasciatemi li, grazie. Scendo dalla vettura fermata di mezzo al traffico, ad un semaforo, vicino alla piazza Anansi, la fermata generale dei pullman davanti alla stazione. Non possono seguirmi senza farsi notare e non possono parcheggiare, lascio un “Ne sentin” al volo mentre sbatto chiusa la porta e sparisco nella folla. Raggiungo il mio bar preferito “The Pit” e lascio discretamente un foglietto a Huggy Bear che sparisce nel retro, mentre porto il mio bicchiere nell’angolo scuro, al tavolo vicino al bar, lontano della terrazza, piena a l’ora dei caffe e cappuccini. Huggy ci mette un casino di tempo questa volta; quasi 30 minuti e torna finalmente con una busta e mi dice:
- Avviati, sei giusto in tempo.
C’è 2516, poi 10.30, binario due, scritto in fretta sulla busta. Torno verso la stazione, timbro il biglietto della busta nell’apparecchio automatico, un treno sta arrivando, sono le 10.28, ovviamente non c’è un impiegato disponibile per informarmi perché… Non c’è destinazione scritto sul biglietto… Passaggio sotterraneo, binario due, salgo. Son da solo nel vagone.
La voce che annuncia la partenza sembra dare i nomi delle fermate, ma le Ferrovie Bondonere hanno investito venti milioni nella refezione della stazione l’anno passato, ma 75 centesimi per unita negli altoparlanti del sistema audio. Comunque, “Off ramp cafe” parte forte. Seguiamo il fresco diplomato del conservatorio di Trento dimostrare la sua destrezza sui vari strumenti di quale si è impadronito. Scopro che era entrato nella band Jambo Jane dal 2013 alla chitarra, prima di stabilirsi alla batterista dal 2014, chitarrista di nuovo dal 2019 con Isole minori un gruppo bolzanino. Durante suoi studi, Nick si era interessato accuratamente alla produzione Musicale. Avevamo notato la presenza di uno o due bassi e un banjo sul rack presente nella stanza in quale si dedica alla musica e video registrazione con la famiglia Jambow Jane. Quindi corde, basso, percussioni e produzione. Scrive musica per sé stesso dal 2013 e trova l’occasione e il tempo di dedicarsi alla registrazione e produzione dei brani nel periodo di quarantena. Bloccato nella sua stanza, mi ricorda il mio mestiere, rinchiuso nel Centrale operativo del Wyznoscafo, ma propone di viaggiare senza obiettivo preciso, fuori dal locale, attraverso questo itinerario.
Nick fa fuoco di tutta legna su questo album suonando tutti strumenti. Tastiere incluse. Il pezzo introduttivo e punteggiato da gruppetti di 4 note rapide che danno un po’ di punch, sono anche presente in sotto fondo, nel passaggio calmo che si estende fino alla ripresa del tema principale del pezzo. Bella introduzione.
Notevole momento di cool tempo su “Blue museum” un brano curatissimo nella scelta delle sonorità che circondano questa chitarra western sorvolando il suono tratteggiato di un organo. Possiamo quasi indentificare un ritornello, aperto da un suono di pianoforte in questa canzone senza parole. Questa apparizione breve apre uno spazio, gelosamente ricanalizzato con premura dalle chitarre. Lo finale vede questo piano forte liberato definitivamente, aprirci sia il cielo, che la conoscenza da esplorare a l’interno del museum. Grande attenzione portata alle atmosfere, rifiniture, dettagli, sonorità. Veramente notevole.
“Wildgate” è un pezzo piuttosto corto una specie di legame, un ponte introduttivo, una conversazione fra due chitarre folk al suono ampio e in quale il suono della seconda chitarra risuona profondamente allungo un corposo sustain. Che presenta…
“Jungle” … mi sto chiedendo se sono ancora su un treno talmente quello che passa davanti la finestra non si vede comunamente allungo le nostre lignee. Le due chitarre che ci scortavano in “Wildgate” ora ci lasciano la mano. C’è muschio per terra e scopriamo un verde intenso, dopo il blue del Museo. 1.50 percussioni e archi danno un po’ più di rilievo al brano senza diventare preponderanti, canti di uccelli spingono l’immaginazione a creare un quadro visuale dal suono percepito. Facciamo chiaramente nel sinfonico oltre a 3.50, l’atmosfera grandiosa mi ricorda un po’ “Horizon” dei Chaos Factory nel modo in quale il fasto, l’imponente, il magniloquente sono messi in pagina a fine di disegnare l’atmosfera.
C’è qualcosa di ferroviario, appunto nel ritmo di “Out” evidenziato dalla partitura costante del basso, rialzato da triplette alla chitarra. L’aspetto gioioso e moderno del pezzo poteva, al mio modesto parere, essere sviluppato un po’ di più invece di essere ridotto ad una traccia di transizione, talmente ci si sente sollevato dalla freschezza del brano.
“Rookie Park” riprende elementi di “Off ramp Cafe” su l’annuncio della fine del viaggio dal capo treno che ci saluta, riportandoci al punto di partenza. Quel ultima traccia è molto più muscolosa ed è portata da una batteria molto più determinata e potente che si avventura, intorno a 1.38, nel difficile esercizio delle battute dispari. Il secondo minuto diventa quasi ballante per un po’, annunciando un finale Rock inchiodato ancora da una batteria imponente. L’album si conclude sulla vibrazione di un piatto ride.
Nick Petricci ha provato in questo EP 6 tracce di dare la parola a strumenti e di suscitare, nel l’ascolto dei brani, uno forzo immaginativo per creare vari quadri, dipinti secondo nostre interpretazioni dei suoni e delle atmosfere create.
Scendo dal treno, esco dalla stazione, il Viale Supercanifradiciadespiaredosi e la piazza Ananzi sono tranquilli a l’ora del Pranzo. Vedo arrivare il numero 6 con il suo display frontale indicando la destinazione “Pangea”. Mi va di tornare a casa a battere il resoconto di questo circuito ferroviario colorato. Mandandone una a l’Intel e altre copie per l’archivio del Wyznoscafo, quando la sua memoria centrale sarà di nuovo collegata a suoi utenti:
Un email per secondo@wyznoscafo.tn
Cci capocentrale@wyznoscafo.tn , jonessonar@wyznoscafo.tn
Potrà anche andare bene così.
Invia.
“Click”.
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