Capitolo 165 After dark My sweet album The rift

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Il suono del campanello dell’entrata risuona nell’intera casa. Sono le 8.00 e indovino già chi potrebbe essere. Ne ho la confermazione recandomi verso l’ingresso principale: La sagoma di un ufficiale della base in uniforme, si distacca dietro il vetro smerigliato della porta… Viene a portare un ordine di missione. Apro. Sono in vestaglia e pantofole, lui saluta di un colpo di raschietta regolamentare, io borbotto come l’orso Bruno, prendo la busta sigillata e firmo sul blocco che mi tende. Lui mi augura una buona giornata, gira i tacchi e lo guardo allontanarsi oltre in cancello metallico della mia proprietà. Penso caffeina ed espressone formato piscina. Il primo sorso è più che gradevole, mi riporta alla vita. Devo ammettere che è stata le mie labbra inferiore a cedere e lasciare un po’ di caffe caldo scappare sul mio mento alla lettura dell’ordine: Siamo mandati in missione in larghissimo anticipo sulla prossima uscita dei Plebei e abbiamo già il calendario raccolto da l’Intel: 26 Aprile 2021 uscita audio digitale, 28 Aprile uscita anteprima del video, 30 Aprile singolo diffuso in radio, 28 Maggio uscita del disco fisico. Mi asciugo di un colpo di tovaglia e decido di partire al più presto.

Venti quattro ore dopo siamo già in caccia e Jones cerca il segnale organico, caratteristico di questo gruppo. Saranno sicuramente nel loro barcone di legno… un rilevamento particolarmente difficile da localizzare. Jones aggiunge un po’ più di lavoro nella nostra questa:

- Segnale nel 160, rotta nel 195, distanza 18 miglia, velocita 10 nodi, profondità 040, firma sonar After dark my Sweet. Uno schedato Massimiliano Santoni…

Mi sto chiedendo cosa fare, ed è sempre il consiglio giudizioso del Secondo a farmi prendere la buona decisione:

- Meglio se ci occupiamo di questo caso prima. Tanto, siamo diretti a Sud dove abbiamo beccato il segnale debole dei Plebei l’ultima volta, siamo sulla strada… e abbiamo tempo avanti.

- Buono! Rotta nel 190, velocita 12 nodi. Dai, Capo centrale, SU! Rette flash!

After dark my sweet… Solo il nome dell’entità musicale mi ringiovanisce di un colpo; K46, Horses, Mercury, sono fra le prime tracce ad entrare nell’archivio in 2013 e certi brani, come K 46 per esempio, sono ancora molto apprezzati oggi, qui, abbordo. Poi ci ricordiamo della collaborazione che ha generato “To You Mom” con Luca Lorenzi e di certe pubblicazioni come “On a Friday”, “We are Lions” o ancora “This armony” che sono album sofisticati, pieni di numerose composizioni lavorate, registrate bene e suonate accuratamente.

Il telex sta srotolando la materia prima del discorso del Capo centrale, lo guardo prepararsi prima di sfornare la sua presentazione, si avvicina:

- Allora, gran ritorno a galla di “Afterdark My sweet” nel genere “Ambient Glo fi electronic” e dopo un lungo silenzio dal 2012 interrotto sola da l’uscita di Landing still un single rilasciato l’11 aprile 2020. Sempre Massimiliano Santoni alla composizione e esecuzione dei pezzi, ma questa volta si aggiunge Caterina Nebl per la lettura e la scrittura di una poesia su musica, alla moda 11x2=22 che sono nostri due ammiragli Giusy Elle e Martina Tosi che suonano questo genere di poesia su musica. L’album è recentissimo uscito il 30 marzo 2021 su Bandcamp con una copertina in bianco e nero, ancora di Caterina Nebl. Il master dell’album è a cura di Gianni Peri. L’album è stato registrato a casa… Tutto li.

- Grazie Capo! Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, cominciamo!

Le sei composizioni proposte qua si distaccano dalle tracce single rilasciate su Bandcamp qualche anni fa. Massimiliano si era interamente diretto, a l’epoca, verso suoni di tastiere, vari aggeggi elettronici e sintetizzatori, distaccandosi del suo strumento originale che era la chitarra come la suonava nel gruppo “Stone Martens”. Con la formazione “To you mom” le tastiere si prendono la parte del leone, anche se chitarre appariscono occasionalmente negli album e single nominati qui sopra. Con questo EP Massimiliano si riattacca seriamente verso la chitarra che domina largamente le sei tracce, lasciando l’elettronica essere l’appoggio e la struttura leggera e filigrana su di quale le corde si esprimono. Il loro suono è certe volte sfuso, etereo e vaporoso come per fondersi meglio ai suoni sintetici. L’atmosfera qui descritta è della stessa sostanza e offre una planata soffice, senza l’aggiunzione di nessuna percussione.

“Fragments Garden” lascia pervenire il pianto distante di una chitarra, molto progressivamente, sopra un rombo interferente, che permea tutto il sotto fondo. Ricordano le molle di una rullante che vibrano vicino a un amplificatore troppo forte. Altri rumori di sotto fondo appariscono progressivamente sul pianto ripetitivo della chitarra al punto di fare diventare le interferenze, il soggetto principale del brano. Questi rumori sono stati lasciati lì appositamente, sembrano prepararci alla limpidezza del secondo pezzo.

“Ascent” è un crescendo a solo due chitarre, una progressione, un arpeggio che segue una scala verso gli alti. Si precipita anche leggermente sul tempo prima di sboccare su uno spazio aperto a 2.20 dove si calma contemplativamente, come arrivato su una cima per apprezzare una vista.

“I see you” è l’unica traccia, con una presenza vocale, dell’album. Una chitarra monotona distilla lo stesso leitmotiv e cammina su un tappetto di tastiere. Il soggetto del testo può avere una moltitudine di interpretazioni. Io ci vedo la descrizione della società in quale viviamo oggi. Questo, secondo l’interpretazione di certi punti del testo: Il castello (simbolo dell’autorità) è una prigione; La sua architettura sono le sue regole, le sue leggi. “Queste regole sono difficili da distruggere” “Il castello è un labirinto, un grande meccanismo, da dentro non si riesce a vedere l’intera struttura” Piu segui questa idea, più il testo conferma l’idea iniziale. Tutto prende senso. Poi il titolo generale dell’album: “the Rift” cioè la spaccatura, la frattura che deve arrivare. Una frattura della società.

“Tide, life” zoppica penosamente su un gruppo di quattro colpi o quattro passi ripetuti quasi all’infinito ed è diretto verso il lungo cammino di suoi sette minuti. Il ritmo dei passi si sfuma verso 3.30 per lasciare corde percosse destrutturare il ritmo del passo regolare, con colpi anarchicamente assennati. Il suono del passo diventa distante e soffocato, per riprendere vigore molto progressivamente verso il quinto minuto. E concludere il brano sul suo stesso inizio.

“Lost ritual” scorre allungo un gruppo invariante di cinque note. Un canto surreale ricorda canti gregoriani rovesciati, che appariscono e spariscono allungo l’ampia ondulazione del loro volume.  Nappe di tastiere invadono il sotto fondo come canti ipnotizzanti di sirene. Il pezzo si schiarisce come una foschia che si strappa, per lasciare apparire un cielo sereno, lasciando dietro sé i suoni del “Lost ritual” in un breve finale.

“Forbidden shapes” prosegue con la scelta di affidare la funzione di percussioni alle corde e a sequenze. Il trio di note che accompagna tutto il pezzo è solo lì per affermare un ritmo.  Una chitarra leggera, al suono chiaro, sollevata dal canto di uccelli, ci guida verso l’uscita di questo EP contemplativo e rilassante.

Basta arrivare lì con i bagagli giusti per trovare nelle ripetizioni i loops e le varie progressioni, il momento di conforto necessario a fermarsi un attimino per riflessione e introspezione. Questo album disponibile allo scarico tutto come il single precedente “Landing Still” che sembra prepararci già alla sostanza di questo EP con le sue sensazioni americane del 1969.

So che da adesso, devo affidare un dovere complesso a Jones e farli ritrovare la firma sonar dei Plebei, visto che ci avviciniamo al nostro quadrante di ricerca:

- Risalire a profondità periscopica ridurre a velocità 3 nodi.  Jones? Occhio eh?

- Aye aye sir!

Ci ripenso… troppo tardi…. Avrei dovuto dire: orecchia eh!

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