Capitolo 140 Mbè, album Mbè

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[…] seguito recensione Mondo Frowno

- Buono, so che siamo fermi, ma…. Qual è la nostra posizione adesso? C’è corrente in zona?

- Siamo nel 071 della base a 62 miglia, corrente 1 nodo da west-nord-west, risponde il Secondo.

Jones prende la parola troppo spesso, al mio gusto:

- Credo abbiamo un segnale nel 120, rotta nel 332, distanza 12 miglia, velocita 5 nodi, profondità 020. Trattamento firma sonar in corso.

Mi solevo leggermente dalla poltrona del centrale per leggere, sopra la spalla del timoniere di profondità, il display digitale che splende di rosso: 051. Quel rilevamento ci viene quasi addosso, ma se non cambia profondità, ci passera tranquillamente sopra e di dritta. Tanto siamo fermi e se stiamo belli tranquilli, non si accorgerà neanche di noi.

- Distanza minima? Chiedo.

- Ci passera di dritta nel 049 distanza… hmm…2.5 miglia capitan… firma sonar Mbè.

- Credo abbiamo già roba da loro, interviene il Capo centrale, devo vardar capitan… me dà n’attimin…

- Sono un po’ confuso, anch’io mi ricordo di qualcosa, pero credo che il gruppo si chiama Zetta erre e che l’EP si chiama Mbè. No?

- Eeeeeeh…. non proprio, Capitan!

- Beh ero giovane… ero n’briagh… annuncio scherzosamente, mentre giro la poltrona verso il capo centrale, che sta già leggendo il suo reso conto.

- Zetta erre e il soprannome del produttore, Rocco Rossi il bassista, un ex Animavana, che gira attorno ad altri vari progetti musicali. Mbè è di fatti, il nome del gruppo composto da Andrea Port: chitarra, Francesco Carpentari: chitarra, Isabella Bonfanti: Canto, Michele Pizzini: percussioni, Rocco Rossi: basso e Aleksandro Bonelli: Batteria.

- Alek… Sandro? E la versione lusso di Alessandro o la versione spaziale?

- Versione Besenello, Capitan! il gruppo viene da li. Quindi abbiamo; maggio 2018 un EP sound cloud allo stato demo. 4 tracce “Sambetta”, “Notturno”, “Congo star”, “Natural selection” che ritroviamo su l’album. Due altre tracce sotto il nome Zetta Erre “Fibonacci” e “Maschera di vetro” entrate su soundcloud e ritirate, ma sono nel nostro archivio. Tutte le tracce sono state composte dal gruppo, l’album fu rilasciato il 6 febbraio in forma fisica e disponibile dal 13 aprile su Bandcamp è stato registrato al ZR studio. Il coccodrillo sulla copertina e di Elia Carollo. Tutto li.

L’album è generoso di 9 tracce di quale tre sono cantate e 6 strumentali, completano l’opera. L’atmosfera generale varia intorno al jazz leggero, che si avventura verso la bossa nova, la samba, e vari stili. Il tutto registrato senza sovraincisioni e niente “quantificazione” nel senso dove l’ora di studio non è passata a rimettere tutti sbagli umani sotto il microscopio al 16imo di battuta. Del resto penso che creare un label “Niente quantificazione” potrebbe differenziare il suono organico e genuino da quello troppo rimesso al posto giusto sotto il microscopio. Per un risultato, certo quadrato e preciso, ma in quale la vita è tolta per assomigliare ad un programma o una scatola ritmi. Dovrei fare un rapporto su questo a l’Intel. Sempre rosso e lo scudetto garanzia di qualità.

“Bozza Piena” accoglie questo combo al completo, inclusa Isabella Bonfanti, per il primo dei tre pezzi cantati. Secondo le confidenze del Intel, i tre pezzi erano già registrati, ma non completi e l’idea di aggiungere Isabella a cantare sopra la guida di una o l’altra delle chitarre di Andrea Port o Francesco Carpentari porta un rilievo nuovo a l’insieme. La tecnica, famigliare nel mondo dello jazz, dà questo colore alieno alla melodia del canto. La voce di Isabella è magnifica nei tre pezzi e la sua pronuncia in inglese definisce chiaramente ogni parola. Il brano prende un po’ di muscolo nel ponte musicale, vestendosi di accenti puramente rock, dopo il quarto minuto.

“Congo star” è uno sfogo strumentale che lascia parte bella alle percussioni e alle chitarre puramente africane. La seconda versione gradisce di una nuova registrazione, più integrata con il suono generale dell’album. Ovvio occhiolino a Carlos Devadip nel assolo di chitarra e l’atmosfera descritta dalle percussioni. Ancora un finale al gusto Rock e ancora una volta preferisco il suono della versione demo, sono veramente incorreggibile.

“Natural selection” è francamente tirato avanti dalla chitarra solista e si appoggia brevemente su un ritmo sbilenco. A meta brano la struttura si scompone del tutto per una disintegrazione cacofonica spalmando tutti strumenti, in uno spazio ampio e reverberante. Bella ripresa con una sola chitarra prima del ritorno del tema principale, che accelera ritmo ed intensità, decolla alla verticale, raggiunge strati alti della troposfera, incrocia alcuni uccelli, prima di concludere su un basso sorpreso in un testa-a-coda. Finale buffo.

Isabella torna depositare sua voce sulle chitarre di “Tetirontera” la canzone è vicina nel suo stile alla “Bottiglia piena” che apre l’album. Secondo me queste tracce di dimensioni radiofoniche devono aprire uno spazio per fare conoscere il gruppo.

“Notturno” ci offre un’introduzione lenta per riprendere con gli strumentali. Un po’ più lunga che la demo, colpa dell’introduzione lenta, ve l’avevo detto, la versione dell’album gradisce della presenza di Michele Pizzini alle percussioni che invade le frasi musicali di interventi chiari e acuti e del conto ad alta voce del batterista per rilanciare il movimento.

Siamo partiti per 7 minuti e mezzo di “Sambetta” e devo dire che su questo pezzo, le percussioni di Michele sono più che necessarie, perché affinano veramente i contorni del pezzo per sederle confortevolmente nel genere Samba.  Avevo già nominato Carlos Devadip precedentemente, ma su questo brano, in quale l’improvvisazione è maestra, odori di “Santana” planano a bassa quota. Bella partitura di basso su tutta la traccia.

“Bozza voda” ci riporta la pronuncia chiara di Isabella che sopporta la tesi indistruttibile di Lao Tseu, gran filosofo nato nel quinto secolo prima cristo che stipola: “Tutte bottiglie vuote devono essere riempite”. Concordo pienamente.

Un altro stile musicale è trattato qui: anche se è uno stile un po’ ibrido “Reggaepsychorock” è un altro strumentale che stende oltre i cinque minuti la sua partitura non lineare. Notiamo un bel basso messo un po’ più avanti. 1.53 delimita l’entrata della parte “psyche” del brano con un bel scambio fra le chitarre e delle percussioni, che se le ascolti con le cuffie, ti porteranno spesso ad aprire la tua porta per vedere che non c’è nessuno sullo zerbino.

“Mbè” conclude l’album come un ciliegia su una torta, bella e rossa, appoggiata in cima alla crema, la vogliono tutti. E il brano che può portare senza vergogna il label “Niente quantificazione”; micro sbandatine sono presente nel pezzo, pero ragazzi, quando i musicisti si sfogano su un tema del genere, valle la pena avere un’orecchia in giro. Ancora una volta la traccia deriva leggermente verso un rock muscoloso durante ritornelli, che separano le spiagge di sfogo puro, che lasciano ogni strumento prendere il fronte del palco. Il finale potente conclude sia il pezzo, che l’album, in poche battute.

 

Ancora una volta potrei solo consigliare al pubblico, che passa su queste parole, di procurarsi le due registrazioni; sia l’album che il demo del 2018 su soundcloud, che sono tutte due ottime registrazioni ma per vari motivi. La decisione di registrare al più naturalmente possibile la vera performance dei musicisti è da salutare. Ritroviamo, oltre a l’edizione dei brani, ben poco lavoro-traffico di profondità sulle tracce registrate. La presenza di musicisti di buon calibro potrà solo portare il gruppo verso una qualità in costante aumento.

- Dai, Jones dimmi che non c’è nessuno in giro. Dai! Dimmelo!

- Spiacente capitan….

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