Capitolo 101 Pereira album Mascotte

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Questo suono ripetitivo è forte e stressante… Il Secondo, tre membri dell’equipaggio, ed io stiamo correndo verso il Wyznoscafo. Credo di riconoscere un timoniere, un elettricista e uno dei meccanici di propulsione. Non ho più il fiato per coprire i 300 metri che ci separano dal sommergibile, allo stesso passo degli altri. Poi questo allarme fortissimo mi annoia seriamente. Stiamo arrivando da tutte le direzioni, e di corsa, verso la nostra fiera lattina di ferro:

- Ma che cavolo hanno da scrollarci in quel modo? Chiedo al Secondo, che rallenta al mio passo.

- Non lo so, mi risponde, vedo Il capo centrale arrivare nella nostra direzione, magari lui sa.

Siamo ormai sulla piattaforma, ancora 150 metri, ho il fiatone.

- Capitan! Grida mentre si avvicina al nostro gruppetto. Sembra che ci sono un fottio di rilevamenti a poche miglia dalla base. Ci vogliono far uscire della base, dal passaggio segreto, per tutte le uscite di febbraio e marzo... Non gho gnent de pu’…

L’equipaggio corre sulla passerella e sparisce di corsa nel ventre del Wyznoscafo. Siamo al completo, il posto di manovra ci porta fuori dalla base, lontano da quel allarme ormai spento, poi rapidamente, scompariamo sotto lo specchio d’acqua. Il Telex dalla rete flash crepita e ringurgita carta a non più finire. Leggendo in diagonale, vedo Bob and The Apple, Peirera, Due single di Ina Ina, L’opera di Amanda, una raccolta di Candirù con un single nuovo, e movimenti dei Reversibile, Mirko Pedrotti Quintet, Cannibali commestibili, Psychoanalisi… RSU e Kitchen Machine hanno pubblicato l’immagine di una copertina, miga per gnent…

- Nettuno stridente! Saremo ancora immersi per un bel po’. Mi penso, mentre ripiego tutto in modo grossolano. Jones! occhio al primo segnale, trattiamoli uno per uno, come arrivano.

- Aye aye sir! […] Segnale! Nel 180, rotta nel 093, distanza 21 miglia, velocita 8 nodi, profondità 050… Trattamento firma sonar… Pereira, trio… uno schedato.

- Capo centrale?

- La domanda di dossier è in corso…

- Jenkins? Spettrometro, scanner, decoder audio, doppler.

- Aye aye sir!

Studio i primi dati a cominciare dalla copertina. Lo sfuocato sembra tornare di moda, non riesco a farmi alla moda della giacca da sport anni 80, magari un omaggio a Radjesh Koothrappali del “Big bang theory”. Riconosco la barba. E Joe Rasera che suonava a Balcony TV con “Hirsh cave” e anche con “Light whales”. L’atmosfera dell’opus è piuttosto sulla “Pop chill”, il “Tropical indie”. Una specie di “Easy listening” con retrogusto di spiagge lontane. Una voce posata, mai forzata, passeggia leggera sopra la musica, camminare su delle uova… si può. Siamo sicuri di non trovare, qua dentro, il prossimo inno per una curva sud, né fare girare un ciuffo sopra una “FlyingV” con compressore a chiodo. A guardarci bene tutto l’album sembra arrivare dritto dalla fine degli anni 70. Li, avrebbe trovato un’udienza consistente, perché incolla allo stile varietà dell’epoca. Torna il capo centrale con il suo blocco e la sua matita gialla con gommino….

- Allora. Joe Rasera suonava nei Little John  come prima esperienza poi ha scritto tutto il materiale durante 3 anni, prima di registrare. Suona tutti strumenti tranne la batteria. Due produttori Romani partecipano a l’album: Fabio Grande e Pietro Paroletti che sono tecnici presso Sala 3- Gli artigiani Studio, Formello (Roma) dove è stato registrato e mixato l’album. Master di Carl Saff Mastering, Chicago, Illinois (USA). Ho un po’ di estratto press kit, vuol tastar?

- Spari…

- “Pereira ti prende per mano e ti porta al largo di un’isola, dove godersi il sole sdraiati in vasche di riverbero assaporando un Margarita. Tra un sorso e l’altro, ti racconta qualche storia passata, forse un po’ nostalgica a tratti, ma immersa nella tranquillità delle sonorità tropicali, ricche di sognanti melodie e rinfrescate da atmosfere jazz. “Mascotte” rappresenta un’immersione nelle calde acque del tropical indie, ogni tanto un piccolo tuffo nel cantautorato italiano rinfrescato dalla brezza della scena americana. Vasche di chorus e riverberi, voci sognanti e variopinte melodie trasportano su un nostalgico pianeta popolato da palme e tucani.”

- Ueilaaa…. Mari caldi eh? Tutta la strumentazione ronza??? Cominciamo!

“Ciabatte galleggianti” offre le prime frase distante di chitarre, distillando 4 note affogate nella riverberazione, a punteggiare i versi su un lento quasi classico. “È un’ora che io sto aspettando, Che senza te, io torni in porto, Le navi che mi stanno attorno, Son fabbriche del mio conforto” Da qua, sento la camicia a fiori, il capello di paglia, la macchinetta fotografica, le ciabatte… ma senza calzini.

“Klimt” sale di 0.02 sulla scala Richter per un beat leggero, ma pettinato bene. “Ma già, lo sai, combatterei, Per averti lì con i miei (???) A studiare il cielo in una notte, Esplorare le tue calze rotte” Va bene di portare un’attenzione tutta umana per certe esplorazioni, ma personalmente lascerei genitori a distanza orbitale per avere la pace in mente.

“Amore a bottoni” mette le chitarre un po’ più avanti e cori classici per portare un po’ di rilievo al ritornello a forma di addio: “Cosi vado via da te, per sempre” La canzone è piena della persuasione di una felicita a venire, non c’è dubbio. Non serve speranza quando c’è convinzione.

“Studio in rosa” è la traccia la più alzata dell’album, il basso si mette avanti, la batteria si esprime più spesso attraverso la rullante e porta quel tocchettin’ di energia che porta un po’ di rilievo alla canzone. Le delusioni della vita sono qui trattate con un eccesso di vino. Che rende la testa pesante o che ti fai svegliare nella metro, l’ebrezza cura quello che deve curare sul momento. Non importa se l’artiglieria ti riempie il cervello il giorno dopo.

“Untitled” offre una melodia di canto che ritiene l’attenzione. È piacevole ma non abbastanza per staccarsi dello sdraio o girar la testa per saper da dove la voce arriva. Siamo alla quinta canzone e siamo incollati sul posto. Leggermente sedati, ma ancora confortevoli.

Scriviamo con un po’ d’inchiostro blu in polizia “Comic sans” per un brano con un po’ di sale e pepe.  Benvenuti i cori che rialzano i vocali di un pezzo che rimane la mia traccia preferita su l’album.

“Abbraccio d’asporto” continua nella tematica generale di “Mascotte”. Mi dà l’impressione di essere il fratellino di uno di brani di sopra e conforta l’aspetto monoblocco del disco.

Jones interrompe tutto:

- Due segnali in ravvicinamento su nostra posizione: L’Opera di Amanda, nel 105, rotta nel 350, distanza 20 miglia, velocita 9 nodi, profondità 013, Bob and the Apple nel 215, rotta nel 035, distanza 26 miglia, velocita 10 nodi, profondità 020.

- Ci deve essere un nido da qualche banda, devono essere tutti diretti verso la Bookique per il lancio comune dei tre album… Ferma propulsione, prima che ci notano. Scendiamo a profondità 090. Quante tracce rimangono?

- Due, capitan…

Strati di tastiere aprono “Pasta sale” formano un giro che si intercala fra versi. Guardando l’acqua che bolle ci si svaga nella nostalgia: “Non ci sei più, E io cado laggiù, Nel male che, Mi fa affondare”. Beh, è tempo di buttare giù la pasta.

“Sipario”, un altro lento, offre due chitarre; una ritmica messa avanti, l’altra si estende nella distanza su un beat box sollevato di un piatto “ride” in sovra incisione. L’album si chiude li, questo disco è molto personale e rifletta lo stato d’animo del signor Rasera durante il tempo della scrittura. In questo album e quasi tutto lento, romantico, nostalgico, pettinato bene. Spero trovare Joe in un umore “Champagne e cotillon” per l’album successivo. Manca un po’ di rilievo nei vocali. Vabbè che non abbiamo bisogno di un Caruso ad ogni angolo di strada, ma l’aggiunzione di una o due coriste, per far maglia e nodi nei versi, o sostenere i ritornelli, su partiture leggermente diverse avrebbe portato i vocali di Joe al piano di sopra.

Joe ha provato al rifugio Bindesi di secondare perfettamente Giacomo Turra nei cori di Hirsh cave. Secondo me, qua da solo, non ha trovato la sua misura. Joe ha bisogno di essere circondato, perché isolato e messo avanti, si trattiene un po’ troppo. Il missaggio sembra lo stesso da traccia 1 a 9, crea lo stesso materasso confortevole su di quale la voce a tendenza a direttamente sdraiarsi. Una chitarra più brillante qua o là, un suono di basso più tagliante su una traccia o due, potevano portare un profilo di guglie all’insieme, come aggiungere un ombrellino nel cocktail. C’è sicuramente un pubblico per questa “chill pop” alla consistenza e il gusto del miele, rimane solo a Pereira di trovarlo.

Prima del raduno della Bookique metto un po’ d’ordine sulla tavola delle carte.

- Chi e il più vicino dei due? Chiedo a Jones.

- l’Opera….

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