Capitolo 141 Samsa Dilemma album Everyday struggle

Podcast disponibile QUI

[…] seguito recensione Mbè

- Dai, Jones dimmi che non c’è nessuno in giro. Dai! Dimmelo!

- Spiacente capitan…. Segnale! Viene da quasi sotto di noi. Non è ancora uscito. Sale verso la superficie, 8 metri al minuto.

- Distanza minima?

- Mezza miglia…

- Restiamo li, immobili.

E il telex della rete flash, impazzendo senza preavviso, ad indicarci che era un rilevamento serio. Fogli e fogli di carta perforata cadevano sul pavimento del centrale. Il Capo era già sul pezzo con Jenkins, a mettere un po’ di ordine in tutto questo. Ma il telex sfornava più che al solito.

- Ustia, Capitan son dati del Intel su Samsa Dilemma. Disse il Capo centrale.

- Aspettate, voi due… Jones?

- Samsa Dilemma, Capitan!

- Guarda che combinazione, Scanner, doppler, spettrometro, decoder Audio, dirigere i dati verso i buffer di memoria. Capo? Cosa diset?

 - Allora non ho ancora letto tutto ma ecco il principale: è il secondo album dei Samsa con Riccardo Pro, Daniel Sartori, Fabrizio Keller, Vanessa Cremaschi (17 pagine di curriculum) e Fausto Postinghel al basso che prende il posto di Fabrizio Costantino che ha cambiato cita per lavoro. Ritroviamo Enrico Merlin alla direzione artistica e chitarra. Registrazione adesso: prima la traccia “21 November 2018” è stata registrata e mixata da Ivan Benvenuti presso lo studio NIVA di Pomarolo nel maggio 2019. Poi tutto il resto è stato registrato da Marco Ober presso il Nologo Studio di Laives, provincia di Bolzano e presso lo studio Artifact di Trento tra novembre 2019 e gennaio 2020. Tutti i brani, eccetto “21 November 2018”, sono stati mixati da Marco Ober presso lo Studio Artifact di Trento. Master di Riccardo Ricci presso Velvet Room Mastering, UK. Prodotto e distribuito da Kutmusic Italhouse. Direzione artistica e arrangiamenti: Enrico Merlin. Copertina e grafica: Nicola D’Agostino. Fotografia “Café Allongé” di Suzanne Trottier, Portsmouth, USA. Altre foto di Zé Diogo, Studio DdiArte, Funchal, Portogallo.

- USA, United Kingdom, Portogallo. Vanno cercare collaboratori in orbita… Dai, prosegua, capo…

- Eeeeh, ci sono anche Vanessa Cremaschi al violino, Chiara Morstabilini alla viola, Paolo Trettel al flicorno. Per ultimo abbiamo una massima: “L’aquilone si alza con il vento contrario, non con quello a favore”.

- È tutta la mia vita… Dai! guardiamo I dati….

L’atmosfera strana di “Potion mood” è costruita su una chitarra tanto rugosa, tanto scatenata o anche persa in un assolo cacofonico, un canto sbilenco prova di descrivere il distacco della realtà provocato da uno strano vino “Pictures in my loop. The potion changes my mood. Another loop for me. This wine brings me the truth”. Eh! Cantina “La Souris Déglinguée” bisognava leggere l’etichetta.

“Brand new day” è un pezzo pop, più leggero, perlomeno più accessibile e meno “esplorativo” che la prima canzone dell’album, nonostante vari stacchi che appaiono fuori dal nulla per qualche misura di “Yellow submarine”. La canzone cerca con sforzi tellurici, il buon umore e la felicita, nonostante la collezione di problemi accumulati durante la giornata: “The car breaks down, all the money’s gone and you feel so low” Lasciami un attimino, sia felice per un minuto è un giorno nuovo. Sinceramente io senza il vino della prima traccia, non c’è la faccio.

Due archi raggiungono il gruppo per “2 A.M.” una traccia che inizia come un lento ammorbidito da Vanessa Cremaschi al violino e Chiara Morstabilini alla viola. Il brano segue l’onda dell’intensità del testo e si tinge di Brit pop. C’è un retro gusto di “Pulp” sul pezzo, nel modo di considerare la vita, ma particolarmente nel finale quando gli archi escono dalla massa sonora per galleggiare sopra gli altri strumenti. Notevole.

Traccia formato; Power trio su “I need a map” con Brix alla batteria, Riccardo al canto e basso e Daniel alla chitarra, per una punkitudine a rotelle nello stile oltre atlantico. I ragazzi sanno spettinare quando vogliono sputare i Watts. C ‘e uno stile “Toy Dolls” nel modo di impacchettare il pezzo. Peccato che Natale sia dietro di noi, il fiocco c’era pero.

Prima Traccia in Italiano “Destino” ci sorprende quasi, con il suo arrivo di mezzo a l’album e questo per vari motivi; bella melodia di canto depositata sulla musica che sa gonfiarsi a momenti giusti, bello ponte musicale con l’intervento degli archi (Vanessa Cremaschi e Chiara Morstabilini) bella batteria che sa portare un po’ di punch e di potenza nei passaggi intensi.  Ecco qualcosa che non sapevo; patti con dio si possono fare????

Yes, Finalmente un rock! Yes, finalmente un beat groovy, Yes! Finalmente chitarre ampie e potenti, finalmente un contenuto che apprezzo pienamente, qualcosa che urla “non funziona”. Verità schiaffeggiata alla faccia delle popolazioni europei del 21iomo secolo. Mentre il mondo si spezza in due classi sociali; quelli strafogati di poteri e risorse i altri speranti, credenti, servili, ma fottuti. Vuoi che te la do io la verità? A quasi 8 miliardi di persone sul pianeta l’intellighenzia mondiale ha creato per noi un Auschwitz soft, a mangiare merdacce, lavorare fino alla morte, distratti da una cultura controllata a pieni schermi di tivù a televoto e sepolti prima di avere bisogno di troppe cose. Ci rimane il sorriso di Johnny Rotten.

La calma ritorna per farci digrignare i denti:Who knows what happened to my husband, They saw him hanging from a tree” …  Il pezzo calmo è introdotto dalla fisarmonica di Ricardo, evidenza il contrasto fra quello che sogniamo di essere o avere “We have no x-rays eyes at all”, senza potere apprezzare quello che abbiamo: “1000 beings long for your love, 1000 nightmares fade away...” è tempo di spegnere la tivù per sempre. Ci ha tolto i nostri desideri veri, ci ha dato voglie artificiali….

Barile di 200 litri di olio per tutti! “Barrel March” è un pezzo inaspettato e geniale, principalmente basato su violino e percussioni sponsorizzate dalla Agip. Lungo delirio espressivo, di quasi 8 minuti, in quale si incrociano bassi midi e suoni sintetici di passaggio da Marco Ober. Un pezzo in quale immersi. Letteralmente.

Io scommetterei un deca su “Mahatma Transistor” essendo uno dei primi oscuri gruppi di Riccardo, come soggetto del pezzo “Destroy the future”. Prima, perché era il 1999 e dopo perché l’archivio del Wyznoscafo possiede la registrazione dell’unico EP di un'altra band di Ricardo chiamata Noroc(k) Bun anche se è da lontano fuori della nostra giurisdizione: [We]“Used to rehearse in a country shack, used to record on a 4-tracks, lo-fi was the way we lived, nothing big that we could have billed” C’è nostalgia ancora esistente nel modo di comporre, una scintilla che va avanti nel tempo.… mi è dovuto un deca.

Tornano gli archi per un brano declamato da una voce calma, che passeggia su un ritmo leggero. “Turn the big light on” è una traccia che si soleva unicamente nei ritornelli, sprovvisti di canto. Solo un bel decollo strumentale dominio degli archi.

“Rotten underneath” torna da “Wake up Gregor” e passa da un ritmo medio metodico a qualcosa di più Rock n’Roll, dopo una dose di anfetamine, EPO e steroidi. Bella mossa perché il pezzo appare sul l’album come un cavo snudato e sotto tensione. Benvenuti gli interventi vocali di (magari) Daniel come seconda pistola, che ci va della sua, tanto accanto, tanto sopra il canto di Ricardo. Solo il quatuor di base a due chitarre per sfornare questa stupenda versione. Ripieno di energia, chitarre urlanti, 10 e lode.

Il suono chiarissimo della chitarra folk di Enrico Merlin ci scorta tutto allungo “21 Novembre 2018” solo il flicorno di Paolo Trettel interviene in due passaggi, per tirare delle tonalità altissime e difficile da produrre accuratamente con questo strumento. La canzone e ovviamente nostalgica: “You were the sweetest friend of mine” (In memory of Luciano). L’album si sfuma in un’atmosfera campestre, di mezzo ad uccelli che cantano.

Ecco un album generoso di 12 tracce che copre una larga varietà di stile e di generi, rimanendo “Samsa Dilemma” dentro e fuori. Quasi tutti artisti hanno contributo alla scrittura (Cremaschi, Pro, Morstabilini, Merlin, Sartori, Keller) aprendo al più largo possibile le influenze nella composizione dell’opera. Ancora una volta la copertina dell’album si ambienta in locali alla pittura scagliata e a l’aspetto degradato. La simbolica della decadenza si rifletta un po’ ovunque attraverso questi due album. Mi sto chiedendo dove ci porterà il terzo… Pittura fresca?

Siamo ancora ferma propulsione a derivare in mezzo al mare… Andremo a caccia o ci verrà qualcosa di nuovo addosso? Tirerei quasi a testa o croce….

Commenti

Post popolari in questo blog