Jones preme il pulsante del suo intercom per rendere conto di due rilevamenti trovati sul sonar:
- Doppio segnale, Capitan. Kanjante nel 010, rotta nel 045, velocità 5 nodi, profondità 120, distanza 26 miglia, Maude nel 355, rotta nel 045, velocità 5 nodi, profondità 100, distanza 15 miglia ...
- Si seguono... non hanno musicalmente niente da far l’un con l’altro, son due stili radicalmente diversi... Secondo? C’è un festival da qualche banda nel 045?
- Beh.... festival.... d’inverno.... non me pare.
- Dai, seguiamoli anche noi, attacchiamoci pian pianin, de drio a Maude, poi veden, dai!
I “Maude” sono un gruppo composto da 4 musicisti: Luca Scartezzini: chitarra e voce, Giorgio Santolini: chitarra e voce, Giulio Di Venosa: basso, poi Andrea Pedron alla batteria. I “Maude” erano apparsi brevemente nel faccio del nostro sonar a l’occasione dello studio di un’opera di referenza: L’Enciclopedia Band Underground Trentine dell’Ammiraglio Martina Tosi. Di mezzo a 48 altre tracce avevano trovato il modo di staccarsi del branco con “Luna”, un pezzo singolare, che ha ritenuto la mia attenzione in mezzo a questa raccolta fiume. Stranamente una sola frase era ripetuta su tutta la traccia, pero era accattivante: “Dicono che per arrivare fin sulla luna, non basta un buon cavallo ma serve un po’ di fortuna, fortuna di trovarmi, trovarmi nei tuoi spazi”. La melodia del canto lasciava un buon retro gusto e mi invitava a canticchiare allungo. La musica era un bel rock pulito e pensato bene, una buonissima sessione ritmo sopportava la canzone e sia batterista che bassista avevano lavorato più che bene. Poi la traccia raggiungeva quasi 6 minuti e mezzo. Dava la sensazione che I “Maude” non volevano entrare nelle scatole preformattate come gli altri. Vocalizzi alla Pink Floyd scortavano “Luna” durante i due ultimi minuti della canzone verso la sfumatura finale, senza darci un solo secondo di noia, durante questa lunga opera. Un gavitello fu quindi, lasciato su il loro rilevamento, storia di tenerli d’occhio. Il secondo rapporto sugli “Maude”, proveniva da l’Intel e la band cercava durante l’ultimo autunno, un “crowd funding” per registrare un album. L’equipaggio fu leggermente sconcertato di sapere che l’operazione non era andata al suo termine. Dopo una traccia come “Luna” mi sembrava un po’ sospetto: O nessuno aveva sentito la compilazione, o il buon gusto era diventato materia rara in Trentino. Poi dopo l’annuncio di “Mediteraneo” su bandcamp, da febbraio 2017, l’Intel ci aveva rimessi sott’acqua...
Allora cosi siamo davanti a 4 Trentini che cantano il mare... Non è veramente strano, visto l’attaccamento viscerale del popolo Italiano o al Mediterraneo o l’Adriatico. Il sorprendente sarebbe di trovar un gruppo di Rimini che scrivesse un album intitolato “Carre Alto” per esempio. Io, il mare ci sono stato di fronte, ci sono stato sopra, ci sono sotto, quindi “Resto En Bondon”... A dire la verità i primi datti dello spettrometro e dello scanner sono un po’ diversi di quello che si poteva aspettare, al meno durante i primi ascolti. Le 5 tracce sono più Rock, una (o due) voci rauche e potente sono più in evidenza, le tracce un po’ più corte o un po’ più nel formato radiofonico. Pero dopo una ventina di ascolti l’album diventa confortevolmente famigliare, anzi piacevole.
L’album inizia come una fase di accordatura delle chitarre. Il suono si sbilancia da destra a sinistra di mezzo ad interferenze. “Film” trova bene il modo di farci scrollare la testa: Questa è la traccia la più rapida dell’album. La ripetizione della frase di chitarra ci campa sul binario imposto dalla band, poi basta lasciarsi andare: Arrivi a destinazione da qualsiasi binario parti, è un rock... destinazione mare, per “sciogliersi di rugiada”.
Migliore ancora “Fa male” si impone come un tempo medio molto più dettagliato. Sembra che i “Maude” sono più confortevoli in questi ritmi, su di quali possono insistere sulla potenza, inserire stacchi, passaggi di varie intensità, per evidenziare uno strumento in particolare, o introdurre con calma un verso, oppure annunciare un ritornello. L’Intel aveva mandato sulla rete flash un leggero clip video ripreso a l’Arsenale in ottobre 2016. Questa ripresa è interessante per due motivi; Il primo è vedere come il canto è ripartito fra i due front men. Da lì, basta regolare un po’ meglio il decoder audio del Wyznoscafo per evidenziare meglio lo scambio vocale su ogni traccia. Le due voci sono talmente simili che spesso può sembrare che c’è una voce sola. Questa particolarità sarà da utilizzare più profondamente per esplorare nuove possibilità. Il secondo è vedere il bassista incollato al muro di questo locale esiguo, evitando di farsi inforcare dal manico impazzito della chitarra di Luca. Quel tizio prende un po’ di posto, perché vive quello che suona, agitandosi freneticamente. Comunque “Fa male” rimane la mia traccia preferita su l’album.
Continuiamo con un altro tempo medio con “Sally” una tipa che non sa cosa vuole ma che ha tutto il mondo a suoi piedi... Quindi Mare, mare perché no? Qui, ci si accorge veramente che I “Maude” cantano poco, ma suonano tanto. Una specie di proporzione alla Pink Floyd, se volete.
Un ritmo classico di batteria ci conduce a “Perdersi” perché sembra che oggi è più facile perdersi. Sicuramente nell’informazione, attraverso la copiosa quantità di contraddizioni presenti intorno a noi. Regola di base per salvarvi: Non mai credere una sola parola di quello che esce della tivù, se poi vi perdete geograficamente con google map e un navigatore satellitare, non posso più far niente per voi, solamente in questo caso, siete autorizzati a girare per ore a trovare la vostra strada. Credo che su questa traccia ci si perde fra umani, come essere tecnicamente collegati a tutti, ma fisicamente vicino a nessuno. “Capita a volte poi, capita di essere lontani [...] torniamo un po’ umani” la voce di Luca martella ripetutamente questa frase: “Tu lo sai che mi preoccupo, anche se poi, non c’è più tempo” fino ad urlarla con forza, circondato di arpeggi di chitarra.
Se poi il martellamento di frase vi piace, possiamo rimettere le coperte per un altro giro perché “Favole” riprende la stessa ricetta (ancora?) per concludere l’album, sottolineando la necessità di mentire per mantenere qualcuno nel conforto dell’illusione. La pratica è comune a qualsiasi scala, anche a quella di uno stato, anche se il benessere dell’ignoranza porta sempre alla caduta... Certe volte da l’alto.
Questo corto album è stato suonato con cuore e trippe e registrato artigianalmente in sala prove. Tracce come “Fa male” invitano a fermarsi un attimino per considerare il potenziale creativo di questi ragazzi. Non dimentichiamo che hanno rilasciato pezzi come “Luna” e non si sa cosa saranno capace di creare in futuro. Consideriamo il gavitello sul loro rilevamento come ancora attivo.
Il secondo mi tira fuori da miei pensieri:
- Abbiamo un problema, Capitan...
Jenkins, conferma lo strano sentimento del Secondo:

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