Capitolo 81 Hi Fi Gloom album Ivory crush

Podcast disponibile QUI

L’interferometro segue la loro traccia da marzo e Jones al sonar conferma che sono alla nostra portata:

- Segnale nel 245, Hi Fi Gloom, rotta nel 182, profondità 010, velocita 03.

- Capo centrale, I dati dello scanner sembrano darci grafici un po’ conosciuti cosa abbiamo lì dentro?

- Vero Capitan, tutta gente schedata… e certi a volume di enciclopedia: Alessio Zeni: Chitarra e basso proviene da Vetrozero, L’ira di Giotto. Daniele Bonvecchio: batteria Resando, Vetrozero. Simone Gardumi: Nibraforbe, Lunauta, La Ranabollita, Little finger, Alpen Bit, per un progetto tenuto nascosto, avvolto nel mistero, il segreto. C’è poco sulla loro pagina facebook tranne una raffica di 7 recensioni che vantano la qualità dell’album. Questa band vuole vogare lontano e non rimanere in regione. Li abbiamo in archivio da giugno 2017 dall’uscita del video “Wish” ma non abbiamo avuto niente altri dati.

- Cosa si può raccogliere dal loro sito Internet? Chiedo.

- Belle foto, ma contenuto minimalista… Bello, ma non ne sai di più, di quando sei entrato. E una specie di Web-art. Conclude il capo centrale.

- Tutta la strumentazione in funzione. Cominciamo!

Le atmosfere distillate qua, non hanno niente di comune al via vai generale. Facciamo nel raffinato, nell’elegante, nel sofisticato. C’è stato un grosso lavoro, non a depore le parole sulla musica, ma a ricamare a mano le melodie del canto per addobbarle al meglio nel risultato finale. L’essenziale di questo album, o al meno quello che rimane come sensazione dopo multipli ascolti, è che tutto è stato architettato per lasciare a galla le parole e la loro importanza. Come un dessert in un ristorante elegante: addobbato, complessamente in equilibrio, estetico, gradevole allo sguardo come al gusto…

Il lungo periodo di gestazione dà a l’insieme corpo e spessore che è raramente sentito negli album di esordio. Il cammino percorso dagli tre membri prima di coniugare le forze in Hi Fi Gloom può anche dare un inizio di spiegazione alla qualità del risultato finale. Il minimalismo distillato, sia nell’estetica del sito, che nelle atmosfere musicali sfuse, sembra provenire da Simone. Se riprendiamo il suo lavoro con Alpen bit, per esempio, ritroviamo la stessa zampa.

L’elettronica tiene il davanti della scena insieme a una voce profonda e vicina. Le percussioni sono discrete, le corde appariscono per periodi brevi. In sotto fondo, rumorini sembrano passare sotto le composizioni da varie direzioni.

“Wish” e il suo video alberghiero di personaggi in ricovero ci accoglie nell’atrio dell’album. Semplici accordi di un piano forte guidano una voce posata: “I wish I could love again, I wish I could go to the start with you” La malinconia permea l’insieme.

I hid a voice” si veste dello stesso tessuto. Nonostante l’introduzione di un ritmo “drum and bass” che sotto linea delicatamente la canzone senza precipitarne il contenuto. Il calmo contemplativo delle immagini subacquee scelte nel video per illustrarla, inspira alla levitazione.

Appare una chitarra per la prima volta per “Give me a word” un pezzo in quale, percussioni e chitarre occupano uno spazio più ampio. Il ritornello è liberato e rialzato, la melodia del canto ritiene l’attenzione.

“Where will you go” taglia con l’atmosfera ambient, per proporre un momento più vivace e colorato di ritmi e di arpeggi di chitarre folk. Bella voce raddoppiata per sottolineare le fine frase. Una leggera atmosfera Dépêche Mode degli ultimi album è presente nella combinazione del suono sequenza, della tastiera principale, e dei cori. 

Una chitarra ci scorta nella parte più ritmata dell’album. “Help me feed my faith” stende davanti a noi suoi cambi di effetti sulla voce (0.24) e altre delicatezze nascoste nelle scelte dei suoni, aggiunzioni sottili, e sempre questa voce posata. Si tratta ovviamente della fede nell’essere umano, al meno quella per l’altro sesso. La fede usuale, di serie, quella per il supernaturale, noi abbordo, l’abbiamo lasciata morire d’inedia in un armadietto metallico della base Nibraforbe.

“I’ve got more” ci rituffa nelle atmosfere eteree, le sfumature, la delicatezza. Solo il ritornello si rialza come una cima sopra un’inversione termica.

“Sushi” è un lento portato da percussioni rapide e da suoni quasi tutti con attacco forte. A l’eccezione di un gran piano distante.

“Song for A” respira il meglio dei “Dépêche Mode” fra “Insight” e “Only when I loose Myself” l’atmosfera generata può solo parlarti occhi negli occhi “… like a farther should…”

“Back to the sixties” sembra generato con una paletta intera di suoni… dagli 80’S: “No time for regrets sir”. Strano mimetismo con il vinile che ho accumulato da anni, nell’ epoca dove andavo in discoteca ballando su dell’Ital’disco non avendo la più pallida idea che cantanti, compositori, produttori, musicisti fossero tutti Italiani. Ignorance is bliss…

“Hi Fi Camomile” conclude l’opus in due fasi. La prima con un canto depositato su una chitarra classica. La seconda, introdotta progressivamente dal suono di un gran piano, spirala verso il pieno potenziale orchestrale del trio. Sola la frase conclusiva rimane in mente mentre il buio profondo dell’ultimo suono, si fonde con il buio in quale siamo sommersi da tempo.

 

Wyznoscafo.

Immobile.

Appoggiato sul fondo.

Profondità 120.

Velocita 00.

Over and out.

Commenti

Post popolari in questo blog