Capitolo 61 Humus album Cambia voce
I membri dell’equipaggio buttano gli ormeggi nell’acqua, mentre ci stiamo allontanando dalla piattaforma della base Nibraforbe. E generalmente un bel momento; il posto di manovra, tutti gli uomini sono in riga sul ponte sia davanti che dietro la torre. Da qui in cima, vedo solo una bella lignea retta di berretti bianchi, salva gente gonfiabili e disciplina militare. Peccato che la prima tipa che potrebbe essere commossa da questo spettacolo puramente maschile si trova al meno 5 miglia da qui... Dai, mettiamoci a pensare che possiede un paio di binocoli e continuiamo a darcela alla grande. Tanto non costa niente... Ancora mezza miglia attraverso il porto e un doppio colpo di fischio fa sparire in impeccabile ordine il personale nei loro boccaporti rispettivi.
- La vedo pensieroso, Capitan... interroga il Secondo.
- Beh ci mandano su Humus... e non abbiamo poco o gnent su di loro, tranne qualche video sul tubo, e in particolare un Live show del APPM onlus del 2015 con (quasi) la formazione originale, poco dopo l’uscita del EP, che i nostri agenti dormenti sul posto dovevano procurarci già a l’epoca. Del resto hanno anche fallito di procurarci il “Live a Santa Massenza” di “Johnny Mox e Gazebo Penguins” ... Credo sia stato saggio di non più utilizzare agenti dormenti...
- E cosa facciamo con questo?
- Eh beh, dobbiamo cavarcela da soli come al solito, carissimo secondo! Immersione! Urlo nell’interfono, che ritrasmette il mio ordine al capo centrale, storia di tagliare corta la conversazione. Già il secondo diventa solo la cima di un capello che scende allungo la stretta scala, nel ventre del Wyznoscafo, e mi tocca scendere dietro di lui, e chiudere il boccaporto di torre dietro di me.
- Capo centrale! lì do un’ora per foraggiare nei files del Intel e darmi qualcosa che sta in piedi da sé su quei tizi, prima di iniziare. Jones! Trovami il rilevamento del gruppo al più presto; devono lasciar segnali dappertutto in questo momento. Secondo! in funzione: scanner, decoder audio, spettrometro, e doppler. Jenkins! Cavolo, tagliati i cavei!
Mi arriva finalmente un po’ di dati, perché il capo centrale ci sa fare: Il gruppo si articola intorno al binomio stabile: Marco Palombi: voce, chitarra e Lorenzo Faes: chitarra, cori. La line up originale comprendeva Federico Fava alla batteria e Daniele de Bernardis al basso. E hanno registrato “Uno alla volta” un EP di 4 tracce. Sebastiano Cecchini alla batteria arriva poco prima il famoso Live show del Appm onlus dell’Agosto 2015, prima di saltare sulla “balena leggera” che passava vicino. Poi arrivano due schedatissimi da l’Intel: Stefano Negri: basso, (Zeroids, Mondo Frowno) Fabrizio Lettieri: batteria (Opera di Amanda, Eravamo Sunday drivers) Con questo solido apporto il gruppo si attacca alla registrazione del primo vero album della band. Per finalmente portare in studio una selezione di tracce che sono nel repertorio degli Humus da tempo: Finalmente 10 Tracce, per un vero e completo album, sono state registrate e missate da Fabio de Pretis al Blue Noise Recording Studio, poi Masterizzate da Andrea Suriani a l’ALPHA Department recording studios, con una copertina di Andrea Largaiolli.
- Segnale! Esclama Jones, sono verticale sotto di noi, rotta nel 020, velocita 25 nodi, profondità 250.
- Ferma propulsione, riempire i ballasti, scendiamo in spirale a peso morto, timone 5 gradi a babordo, strumentazione in funzione. Secondo! una volta a profondità, caliamoci nella scia e comminiamo. Li lascio la manovra...
- Aye aye sir!
Sorvolando il primo EP ci si deve rendere conto che I Humus sanno distinguersi dal branco rock Trentino. Prima con la voce rauca e grezza di Marco Palombi che mi ricorda la tecnica vocale di Gianna Nannini e degli urlatori Napoletani. Sono sempre stato affascinato da questa tecnica vocale a chiedermi come fanno a tenere tutto un concerto a cantar cosi. Poi, il rock sfornato dalla band comporta tutti trucchi del mestiere e fatti più che bene. Sparano stretto, sparano forte, denso, preciso, quadrato e originale. Sono buoni nei passaggi energici, quelli calmi, sono forti nelle transizioni, sanno accomodare gli stacchi, i cambi di ritmi, sanno colorare varie atmosfere. Il loro suono live è preciso e energetico. Prova di un lavoro riportato un grande numero di volte sulla tavola di operazione, per ottenere un “fine tuning” micrometrico.
“Cambia voce” inizia con un tris compatto, monolitico, un tiro di barrage... “Humusinfabula”, “Gemiti”, “Radio sanguina” aprono l’album come un colpo di ruspa, una tonnellata sul piede. E un po’ troppo denso per me a dire la verità. E piuttosto un’introduzione per maschi, anche se conosco una polacca che ne ascolta al risveglio: le chitarre ruggiscono, la batteria spara come una “Gatling” ... Una volta l’onda di choc passata rimane il fischio nelle orecchie, il naso che sanguina et l’attrito di una voce campata negli alti, spinta fino allo strappo, e con la dolcezza superficiale della carta vetrata. È rock, intenso, duro, puro, angolare, calcolato, aggressivo. Non c’è un pelo fuori, mi ricorda Motorhead dal vivo. Spettina seriamente. E quasi selettivo per l’udienza: Rimani dopo quelle tre tracce li, e puoi continuare ad ascoltare... Se butti giù le cuffie, Humus non è fatto per te. Vai... Sgomma... ci sono dei pokemon da cacciare...
L’album vero si apre alla quarta canzone. Cioè, tutte le capacita creative della band si esprimono da questa canzone in poi... Il ventaglio si apre e ci sono anche colori, rilievi e dettagli. Il vero potenziale creativo degli Humus si trova in “Altamarea”, “Rime”, “Respirami”, “Lei è” ...
L’eco su la chitarra di “Altamarea” conduce naturalmente al primo mid tempo dell’album. Qui, fanno vedere che sanno fare altro che sberlarti alla catena. Senza fare nel miele, sanno fare ruggire le chitarre, sotto il martellamento preciso di un Lettieri maestrale dietro suoi fusti.
“Rime” è leggermente più muscoloso, suoi testi scurissimi, le sue immagini più forte: “...Cerco rime nei verbali delle autopsie...” “...Sotto le miei unghie stanno riposando epidemie...” abbastanza per “chiedere scuse a chi non saluterò... più...”.
Il ritmo rapido portato dalla chitarra di “Respirami” presenta una bella fonte di energia a qualle collegarsi per una ricarica rapida. Stefano Negri segue senza problema il mitra Lettieri che manda legnate a chi vuole prenderle. Impeccabile sessione ritmica su tutto questo album, del resto. Faes può tranquillamente far maglia sopra. Esce tutto fluido con un fioco in cima, peccato sia la traccia la più corta dell’album.
“Lei è” prende ampiezza. Invade tutto lo spazio a sua disposizione ed è lontano dell’aspetto compatto delle tre prime tracce. E una canzone aerata, ampia. Bel effetto sulla voce sul secondo ritornello a 1.47 seguito da una bella transizione.
“Trincee Nemiche” si porta sul “heavy” e la sua introduzione sincronizzata alla perfezione annuncia bene l’intensità della traccia. Supera di poco i 4 minuti e porta veramente la voce di Marco al limite. Il finale e dello stesso tessuto dell’introduzione. Chiudono il pezzo a martellate.
“Inverno” si veste di strati di chitarre sinfoniche, che ricoprono i versi come spiagge di tastiere, come un suono continuo che invade tutti vuoti possibili. Bel basso presente per impacchettare il tutto e sempre sta voce potente e precisa.
“Uno alla volta” conclude l’album tutto come apriva il live show di qui parlavamo sopra. Vediamo lì una composizione che esiste quasi di primi tempi del gruppo. Magari il pezzo preferito della band. La registrazione 2017 è leggermente più tagliante, verso 2.17, a l’introduzione della sessione ritmica. Ovviamente il suono dello studio può essere più lavorato verso questo aspetto intenso. Per lo meno la messa in scatola di questo titolo faro è stato fatto magistralmente e con energia. Niente da dire.
Ecco un bel album rock con grinta sbudellata, chitarre rabbiose, e una voce accattivante. Quasi da considerare che potrebbe giocare in divisione nazionale con un album cosi fatto bene. Magari potrà allinearsi con “Geni Compresi” per pretendere al titolo di “Album dell’anno” pero dobbiamo vedere cosa incrocerà il faccio del nostro sonar nei prossimi sei mesi...
- Segnale! Capitan! E la firma sonar dei “Magic cigarettes” annuncia Jones.
- Ancora? Chiedo ingenuo...
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