Capitolo 23 Maria Devigili La semplicità, Motori ed introspezioni.

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Maria Devigili non è sconosciuta dagli servizi del Intel: appare per la prima volta, più di un anno fa, nel fascio del nostro sonar attraverso la Pagina Facebook di Laura Galetti dei Stargazers. Poi contemporaneamente era incorporata a un CD ricevuto in omaggio dopo un grosso ordine di materiale alla Gulliver studio: Aldeno Alpine rock fest con la canzone "Vortice" insieme ad altri "Gulliverini": "Le Origini della specie", "Babamandub", "Five seasons", I "Rebel" etc... Risalta fuori di nuovo su un’altra raccolta del Electric duo project "Full bands Vs Power duo, Trentino compilation" Dell’Ammiraglio Giusy Elle, proponendo la canzone "D.N.A.".

Puoi essere classico, folk, rock, techno o quel che vuoi, la Maria non può lasciarti indifferente. Sia per la sua strana bellezza di dona bambina, sia per la sua voce franca e solida, sia per il suo suono spogliato ma pieno, sia per i suoi testi semplici, senza fronzoli, ma di una profondità abissale. Sono al mio parere i migliori testi nella regione e avrebbe solo da competere come Emanuele Lapiana che non complica suoi testi, ma che riesce a creare una profondità di campo enorme, con concetti chiari e semplici, tutto come lei. Poesia a l'esatto opposto degli "Oil on canvas" che usano versi tritati di "simbolica obbligatoria" per in fine, sfondare porte aperte. Voglio dire per questo, che quando Maria ti prende per la mano, ti fa viaggiare, racconta storie, alza domande esistenziale, e non ti lascia in consumatore assoluto fermo nella tua sedia, ad ascoltare musica di sotto fondo. Ed ecco che ero riuscito a mettere la mano su il CD "La semplicità" un 6 tracce durante un’incursione di nascosto sul territorio del Intel. Ed eco che il nostro caro band camp provvede due altri pezzi del puzzle. "Motori ed introspezioni" e nuovissimo "La Trasformazione" il quale Jones al sonar, scova con tempismo, per il più grande piacere dell’equipaggio, che lo maledice in silenzio. Siamo ancora in immersione e c'è chi vorrebbe ventilarsi le narici. Perché 40 uomini rinchiusi in una scatola di ferro, sono 80 calze prodotte al giorno, e la fermentazione è un fenomeno ancora poco controllato a bordo del Wyznoscaffo.

"La Semplicità" è un Ep che esce in ottobre 2011 al secondo del timbro SIAE del CD. Rimane un CD un po’ comune in mezzo agli altri CD dell’epoca, sullo scaffale cantautori italiani. Voglio dire per questo che è un prodotto orchestrato, arrangiato, su di quale appariscono basso, batteria, tastiere, e chitarre. Niente di male, ma niente di comune con la direzione che la VERA Maria prenderà con gli album successivi che ritengo essere coraggiosi di originalità, perché non conformi alle direzioni artistiche prese dalla maggiorità degli artisti che arrivano per la prima volta nello studio di registrazione.  Per contraddirmi rimane "Vortice” che non posso sinceramente vedere distillato in un altro modo. Perché è un mattone di tutto rispetto e la sua energia ha bisogno della totalità dell’orchestrazione presente su questo disco per splendere come lo fa. Ma già Maria manifesta la sua originalità cantando in francese, e questo mi tocca personalmente, anche se l'accento e la pronuncia generano sia tenerezza, che risate fuori del comune. "Nella moltitudine" è un conto di fantascienza esistenziale che dissecca la sincerità odierna. Rimane di questo EP di 6 tracce, un prodotto fatto bene, suonato bene, masterizzato da uno scampato degli RSU, ma lasciato un po’ "di serie" accanto a 50 altri CD prodotti regionalmente, in tutto il paese.


 

Maniche arrotolate su "Motori ed introspezioni" per lasciare Maria maestra del suo destino. Non so cosa ha guidato l'artista verso questa scelta spogliata, filiforme, ed esposta. Magari la capienza del Twingo per fare un "Romagna tour". Chitarre e tamburini sul sedile di dietro, due valige nel cofano e due persone davanti. E ci coglie al mento d'entrata con D.N.A. e il suo video post- apocalittico di You tube. Ecco la vera Maria nella sua dimensione. Nonostante qualche sovraincisione di rigore alla registrazione, ci sono tre elementi in questo disco: voce, chitarra, percussioni. Niente sale, niente pepe, niente salse. Niente che le pedali o loop station di oggi impediscono di suonare dal vivo.  "Iperuranio" segue questo miracolo musicale, e può senza forzare, pretendere al posto di Hit single per promuovere quest'album. È articolato intorno a un cambio di ritmo, che divide i versi dal ritornello.

"Il paese" si ascolta come una favola morale raccontata a bambini grandi, prima di andare al letto, ed è musicalmente costruito come una filastrocca. Si conclude come un brutto sogno, pero: Tutte le case sono uguali, tutte le strade sono uguali, e non portavano fuori del paese. Un po’ come "Il prigioniero" una serie inglese degli anni 70, manca solo un enorme palla bianca che te corre de drio...

"L'instante" è una traccia spogliata a l'osso, ma che apre armonie piene, all’aggiunzione di un’altra chitarra in sovraincisione. Si sfuma scortata dal rumore destrutturato di una tastiera.

Niente chitarre per "Aria di Rivoluzione" solo la voce e un po’ di percussioni per portare pienamente il senso delle parole.

"L'albatros" è cantato in francese, ma non ho potuto afferrare il senso solo a l'ascolto, ci vuole il testo di Charles Beaudelaire.

"Dentro" propone i primi timidi accordi dissonanti nel ponte musicale dopo il ritornello. I primi segni della trasformazione si notano qui, nella disintegrazione delle distanze chilometriche.

Un bel ritornello sottolineato del coro di Maria sopra la sua stessa voce porta "Sulla via" verso nuovi orizzonti. La direzione presa è accentuata da cambi di ritmo e di nuove sonorità estratte dalla chitarra. Sono due pezzi che danno indizi su quello che sarà la materia del futuro album. “La trasformazione”.

Maria Devigili mostra la tendenza che ha ad uscire degli accordi classici, per cercare asperità e rilievi che perturbano l'aerodinamica delle sue canzoni. Come sulla fine di "Solitudine"; è come una mano fuori dal finestrino per perturbare il flusso d'aria, che tutti altri provano di tenere indisturbato.

Il Blues lento di "Khady" rientra più in riga per un classico del genere. Prosegue al passo per una storia di cronaca nera. Anzi... Nerissima.

"La mia fortuna" è una nuova versione più approfondita del primo titolo del EP "la semplicità".

Sonorità di riverberazione di stanza nuda per l'ultimo pezzo, "Être vivant" cantato in Francese accompagnato delle note cristalline del Glockenspiel per tirare la reverenza, e lasciare il posto, lasciando la porta aperta, storia di dare a l'uditore, preso di stupore, l'opportunità di dare un’occhiata curiosa, allo spazio vuoto lasciato volontariamente dietro. La Maria è già sparita e ci si chiede se si deve seguirla o rimanere dentro il conforto della stanza...

Un segnale registrato dal sonar ci porta verso l’album seguente “La trasformazione”

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