Capitolo 60 Centromalessere album La sindrome dell’Uomo

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Chiudo a chiave, dietro di me, la porta della mia camera. Trovo facilmente la chiave del cassetto e l‘inserisco nella serratura. Giro, si apre... La bottiglietta appare, e la pianta immersa nella grappa fai da te, promette il nostalgico sapore delle cime intorno alla base Nibraforbe. Trovo il bicchiere e lo piazzo in centro alla scrivania, metto la mano sul tappo a vite della bottiglia. L’interfono e il suo penoso rumore di sottofondo mi inchioda nella posizione in quale mi trovo, come un cavaliere medioevale trasformato in una statua di sale: E Jones al sonar che viene a rovinarmi il momento:

- Segnale, Capitan! Trio folk, val di Rabbi, credo sono quelli del Centromalessere...

Nettuno stridente! Per le trippe di Richard Dawkins! Richiudo tutto nel cassetto che sbatto in modo secco... provo la mia voce dolce e rilassata e premo sul pulsante:

- Vengo subito, chiedi al Capo centrale di tirami fuori il dossier da l’archivio.

Il Capo centrale mi aspetta sopra la tavola delle carte con un dossier approfondito su argomento: I primi dati su quel trio sono entrati nell’archivio quando la colona destra di You tube ci ha portato verso “Peta via chel trator” e il “Tassidermista”. Fu la prima volta in quale “Pol” era entrato nel faccio del nostro sonar, mentre stavamo raccogliendo dati su quelli di “Nevischio”. Del resto, la connessione fra i due si spiega meglio a guardare la line-up delle due band: “Nevischio”: Cisco - Batteria, Voce. Gabu - Chitarra, Voce. Alessio - Chitarra, Voce. “Centromalessere”: Pol - voce e basso. Fedri - chitarra. Cisco - chitarra e cori.

Ecco! Hanno un Ciscomune!!!! Ah! Aaaaaah!

L’anima pensante del trio sembra essere centrata intorno alla persona di “Pol” che si distingua, sia nella sua produzione musicale solista che con il “Centromalessere”, dagli testi precisi e pieni di contenuto delle sue composizioni. Il senso delle parole cantate colpisce con forza e profondità chiunque presta un’orecchia alle idee o concetti, messi avanti nelle canzoni. C’è precisione nell’arte di girare le frasi o nel modo di trovare la formula che accaparra l’attenzione. Una volta la testa girata nella sua direzione, il suo sguardo ipnotizza e le parole colpiscono, perché parla vero e te la racconta direttamente nell’orecchia. Pol sembra essere una personalità forte, affermata e determinata nel suo modo di pensare. Magari è stato un po’ artigianale nelle prime registrazioni “fai da te” lasciate sul tubo dal 2012: “L’avvelenata nonesa” del Febbraio 2012, per esempio. Poi, mostra un altro lato di considerare un fatto di finta-cronaca nel monumentale “La droga di Piero” pubblicato nell’Ottobre 2013 e che mi ricorda le composizioni de George Brassens. Dimostra di essere un po’ più grezzo in: “Taio” del Settembre 2014, travestito da Francesco Gucini, “R” moscia inclusa. Poi arriva una stupenda parodia: “Peta via chel trator” nel recente maggio 2016. Il “Tassidermista” appare in giugno 2016 ed è presente su l’album “la sindrome dell’uomo”. Del resto non si ferma neanche un attimino di comporre dopo l’uscita dell’album, rilasciando “Maledetta burocrazia” recentemente sul tubo nel maggio 2017. Il trio potrebbe essere classificato “folk” ma la sua profondità intrinseca le distingua singolarmente dal genere.

Quindi entriamo nel centromalessere, o ci siamo già? Perché questo centromalessere può anche avere la forma di uno stivale, se vogliamo, ma potrebbe anche trovarsi fra il Golf stream e l’Oural, con un bandito di nome Junker al suo commando... Naaaa... Semplifichiamo: è proprio di forma sferica con un limite amministrativo di 100km di atmosfera sopra, e il centromalessere descrive la nostra condizione, contro la loro condizione...

La prima frase del disco mi schiaccia di verità. Ma vorrei guardare molto più lontano di questo semplice fatto che introduce “Il trionfo del re”. Il macchinario è MOLTO più grosso di quello che pensiamo, perché non possiamo neanche più mettere due più due assieme, strafogati di pubblicità e abbagliati di TV reality, lobotomizzati di telegiornali bugiardi. I nostri dirigenti vanno puramente cercare mano d’opera a due soldi al largo delle coste della Libia per soddisfare la richiesta di trattati come il TTIP o il CETA che pazzi come Macron e Gentiloni vogliono firmare. Perché tu, caro operaio mio, sei troppo caro, sei troppo protetto, pretendi a pensione, sicurezza sul posto di lavoro e salute per te e la tua famiglia. Non sei competitivo. Perché per le 10 unità di lavoro che rappresenti, il capitale ne può guadagnare solo 5. Mentre che con i poveracci che arrivano dalla Libia potranno incassare 9. Non hanno più bisogno di te: ecco perché gli altri sono qui. Il tuo buon cuore, la tua fratellanza umana sono utilizzati da malpensanti. Senza accorgertene, sali sul patibolo da solo. Fra molto poco il più poveraccio sarai tu! Il “dopo sborgna” è oggi, perché giornalisti ubbidienti ti fanno solo vedere solo quello che evade 1000, mentre quello che ruba 100 000 ha un “Fottipass” e può urlare alla manovra politica o un attacco alla democrazia, se si fa beccare. Tanto, guardando tutto questo, la prima frase che ti viene in mente è “cosa ci vuoi fare” e ritorni a riderci sopra davanti alla tivù, perché Crozza lo fa bene. Ah! Dimenticavo! Puoi anche scrivere “vergogna” su facebook 350 giorni a l’anno, perché la rabbia tua rimane li. Su facebook. Non ne esce mai. E li. Ferma. E loro, a guardarla sono contenti, perché sanno che possono ancora far peggio, sempre di più. Tanto tu, scendi per strada solo per la juve, ma ti sfoghi di rabbia su facebook. Tutto questo è “Il trionfo del re”. Dai! Parliamo di sesso! Su! Che i “bei tempi” son sempre quelli di ieri, al giorno di oggi...

Religione adesso. Entriamo nella “chiesa borghese” storia di essere “Fucilati dagli sguardi” dalle buone pecore: Neo pero, te l’ha già detto una volta: “Ogni persona nella matrice può essere un agente che proteggerà il sistema”, quindi non entrare li “dove c’è gente, ma nemmeno un anima, nemmeno una”. Di fronte alla chiesa fredda, c’è un locale un po’ più caldo con musica e vino. Dove la vita prende un altro colore, dove puoi essere influenzato e pensare a nuove idee, invece di ripetere sempre le stesse parole, fino al lavaggio di cervello. La verità vera diventa irraggiungibile a chi sceglie di entrare sotto il campanile delle buone intenzioni. Non devono, non possono, e perfino rifiutano di sapere che: nel cervello umano dio, l’oddio, la rabbia e l’amore sono solo sostanze chimiche, molecole...

Ci mettiamo a scrollare del capo su un bel pezzettone di musica quasi commerciale. “La sindrome dell’uomo” è cantata a due voci su chitarre acustiche folk. Quel manifesto descrive la malattia attuale del genere umano e delle conseguenze della società di consumo: Sempre di più.  I creatori del niente” forniscono i nostri bisogni. Fino al buco in quale quel sistema economico suicidario in quale viviamo crollerà su sé stesso ingoiando tutto nella sua caduta: “La cura non è certo nei farmaci: Svegliamoci!”

“Scrivere una canzone” si riveste quasi di accenti rock per descrivere cos’è veramente scrivere bianco su nero le proprie idee. Soprattutto se non rimani a parlare di fiori, tramonti, bella campagna, amori e baci. Centromaslessere è qua per farti prendere una posizione; o lupo, o pecora, pro o contro. Qui l’astensione non esiste. Vestito con o senza un pigiama con la scritta “amici di Maria di Filippi”. Che non so neanche chi è... Del resto, se il pigiama “amici di Maria Devigili” esce, nella mia taglia e un po’ sul fucsia, ne voglio uno.

Capo lavoro dell’album “Il tassidermista” è un passo doble energico, accompagnato da una fisarmonica che sostiene il ritornello. Quel testo è un gioiello di naftalina e di formalina, un tesoro verbale, un diamante di rime, uno zaffiro di poesia, che rimpiange i piccoli mestieri che spariscono. “Vengo chiamato anche tassidermista, sto in fondo alla lista delle varie necessita, preceduto da sbirri, avocati, dottori, chirurgi, psichiatri. Nessuno più passa di qua”. Bella lista, ma avrei incluso banchieri, assicuratori per nominare presentemente i parassiti del nostro mondo. Penso che se fosse spiaccicato in un fosso, sarei contento di vedere un buon dottore o un chirurgo, non un banchiere con due mani sinistre, che ha fato solo calcolo a scuola.

“Mein eigenest ich” rimane ermetico di senso, dopo analisi nei traduttori automatici del Wyznoscafo: “Eigenest”??? Niet, nisba, que dalle, nada, rien, dunno, sbeub, risponde il traduttore. Comunque, parla delle difficoltà di qualsiasi individualità ad integrarsi nel puzzle sociale. In fondo, meglio se il pezzo non incolla su tutta la sua circonferenza. Meglio se spazi di vita e di libertà si intercalano fra i pezzi...

“Ancora qua” dà un campo libero alla chitarra solista, ed è un inno alla rassegnazione circondante, al ritorno cronico alla posizione iniziale: era meglio anni fa... Vero. Prendiamo salute per esempio: il progresso è fantastico, pero siamo di meno in meno ad averne l’accesso. Pensione? Lavori di più per avere sempre meno e la magra pensione viene ancora tassata (in Francia lo e già...) In Italia e in Inghilterra vogliono la tua casa se sei vecchio e da solo... Dai, smetto. Tanto “siamo solo sopra mobili, ancora qui a camuffare verità, (...) a trasformare il vero in plastica”.

Benvenuta aggiunzione di un violino su “Brindiamo per Pino”, un valser lento che descrive accuratamente questo personaggio in cerca odierna di alcool, ma anche di un legame sociale. Pino è una di queste figure, sempre diverse, presenti in quasi tutti villaggi. Quasi disturbante quando ci sono quotidianamente, ma che lasciano un vuoto tremendo quando spariscono. Sicuramente è LUI il legame sociale! Qui, la mano vigliacca, di uno che giudica la presenza di Pino abbastanza annoiante, da meritare la pena di morte, si incarica del lavoraccio. Rimane la colpa: “Buon natale!”

Abbiamo raggiunto l’ultima traccia e queste parole evidenziano con cruda realtà il nostro destino, la nostra rassegnazione, la nostra immobilità, il nostro isolamento in mezzo a 7 miliardi di fratelli nella stessa condizione. Le rivoluzioni si svolgono su schermi di cinema, in galassie lontane, in altri mondi, ma non qua. Qua dobbiamo tornare graziosamente davanti alla tivù, finché pensiamo come la Tivù, Finché pensiamo come quello della tivù vuole che pensiamo. “Non sarà nuove “app” sul nostro I phone a farci alzare il culo e migliorare un po’ questo futuro che pretendo e che non ho...

Sono ammaro, rivoltato, e un po’ triste.

- Secondo, li lascio il centrale, ritorniamo alla base, calcolate la strada, vado a ritirarmi nella mia camera, mi sveglia a poche miglia della base.

- Aye, aye sir!

Cammino nella stretta corsia con lo sguardo al suolo. Credo che per curare questa malinconia avrei bisogno dell’intera bottiglietta nel cassetto....

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