Capitolo 82 Love Coma album I’m gonna kill my coma e Once again

Podcast disponibile QUI

Sopra noi il traffico diminuisce in intensità, l’interferometro registra ancora azimut e distanza di due o tre rilevamenti. Abbiamo mandato quasi tutto l’equipaggio a riposare; propulsione, timoneria, elettricisti, armamento, sono tutti a distendersi o giocar a carte. Bisogna tenere la distanza, la lunghezza del tempo. Siamo su un fondo di sabbia e fango da un’eternità… solo in Centrale l’attività è febbrile:

- Doppio segnale nel 355, Lovecoma, rotta nel 170, profondità 83, velocita 09 nodi. Annuncia Jones.

- Vero che sono in zona da un po’ sti qua… confermo.

Lovecoma è un’entità composta di Emanuele Lapiana (C|O|D, N.A.N.O.) e Mauro Andreolli (RSU). Due album saltano fuori dal nulla in marzo: pubblicano due versione rimasterizzate “I’m gonna kill my coma” e “Once again” e quindi nessuno abbordo capisce perché due sommità del settore possono tirare fuori a l’improvviso due album senza che l’Intel avesse vento, al meno dei preliminari… qualcosa non quadra… poi, ri-master… Da che cosa originalmente? Abbiamo tutta la strumentazione in funzione; spettrometro, scanner, doppler, decoder audio, risonatore basse frequenze e non n’e sappiamo più di prima. Mi viene un lampo:

- Secondo, Dove siamo di preciso?

- Beh, sull’fondo da un mese e mezzo...

- No! Di preciso… sulla carta dei fondi???

C’è un quarto di secondo in quale ci guardiamo negli occhi a pensare che nessuno ha verificato. Ostinati che eravamo ad evitare una collisione, considerando il traffico che c’era a l’epoca… Ci precipitiamo tutti due sopra la tavola delle carte e mi rendo conto che:

- Nettuno stridente! Per le trippe di Richard Dawkins! Siamo davanti alle porte di Tannhauser! Dai! facciamo balenare un po’ di Raggi B, che tanto siamo nel buio e metto il capo centrale sul colpo!

La risposta non si fa aspettare: Grazie alla strumentazione abbordo questa conchiglia di ferro arrugginito e un capo centrale con i fiochi, un nuovo blocco di dati porta a nudo il nostro rilevamento. Il capo centrale mi fa il suo rapporto:

- Questo materiale è stato registrato e mixato fra 2003 e 2004 poi pubblicato su il loro sito Internet per circa otto mesi, ma non è mai veramente uscito sotto forma fisica. Dopo quei 8 mesi, hanno ritirato tutto e recentemente Mauro Andreolli ha rimasterizzato tutte le tracce e suddiviso il lavoro in due parti che si può trovare solo su piattaforme digitale. Certe canzoni sono in due versioni da un album a l’altro: “Capitano” per esempio, cantato in Italiano sul primo album s’intitola “Everything plots” nella sua versione inglese su “Once again”. “Tokyo song” subisce lo stesso trattamento: diventa “Nicoteena” sul secondo album. In fine “Stasera” diventa “Thing” da un album a l’altro. Tessuto musicale, pressa poco identico, ma possiamo gradire della stessa canzone in due lingue diverse. Più sottile: “Sudinoi” comporta un verso in inglese e un verso in Italiano e lo ritroviamo come “Limousine” su “Mondo Madre” di N.A.N.O. del 2007… È vero che immagini forti come “E tempo di spaccare face, con delicatezze metallurgiche” non passano inosservate, anche a distanza di album interi. Notiamo due copertine da Monica Condini (Monique Foto) minimaliste e artistiche, che danno un aspetto estetico e rivelano quasi l’essenza del contenuto sonoro delle due produzioni.

- Brao! Grazie Capo. Spegnere i raggi B che consumano un sacco! Cominciamo.

Ritroviamo Emanuele e la sua tessitura vocale olimpica a fare gang con una sommità della registrazione e del mastering Trentino, una specie di santo padre scuro, il maestro delle machine: Mauro Andreolli, quello dietro il basso e i campionamenti di RSU...

“Day”, la prima canzone del primo album bianco, è posizionata qua per lasciare un’impronta profonda. Una voce calma è depositata delicatamente su un tessuto industriale rugoso e inesorabile nella sua progressione, prende progressivamente volume e amplitudine per esplodere di potenza in uno sfogo liberatore (2.26). La scenografia è piantata; è l’universo in quale evolverete per le 62 minuti avvenire. 

“Capitano” e il suo gemello “Everything plots” invitano a seguire la voce e l’incanto che provoca, senza resistenza, la voglia neanche necessaria di attaccarsi come Ulisse a l’albero della nave. Una sequenza ipnotica arpeggia allungo la partitura per spettinare la fine della canzone.

Una sveglia suona, un ritmo isterico mimetizza le cadenze umane, quasi robotiche delle grandi citta, percussioni metalliche, campanelline annoiante e persistente srotolano un tappetto rosso su di quale cammina flemmaticamente una doppia voce diffidente e determinata, ma quieta: “Più mi confondi, più preciso sarò, più mi respingi, più rimbalzerò, più mi cancelli, più ricorderò, più mi punisci, più lo rifarò E una riluttanza campata umanamente su due piedi, opposta al ritmo meccanico e bionico del brano. “Fatwar” è un contrasto. Un pugno alzato.

Il ritmo dettagliato quasi anatomicamente di “Tokyo song” trascina in lentezza. Il testo è declamato offrendo ogni sillaba allo scrutinio dell’osservatore. Finché un rumore bianco, interferente, parassito, disturbo armonico venisse invadere gradualmente (2.58) la frase finale ripetuta ad libitum. “Questo ti do…. Questo ti do…” Bella composizione.

“Sudinoi” è l’unica canzone ibrida su “I’m gonna kill my coma” questo altro lento contiene un verso in inglese e un altro in Italiano. Una chitarra al tono Rock avvolge la fine della canzone e prende il sopravento sulle tastiere per chiudere il brano in un leggero Larsen.

Dopo due lenti ci si balla! “Allesklar” è quasi tipico del suono giovanile moderno del sabato sera: martellamento su tempia, high hat ossessivo, beat rapido, canto al rovescio, canto in inglese, canto in tedesco, bassi che disturbano il mio pacemaker, c’è tutto! Sudatina…

Un lungo feedback di chitarra introduce “Stasera”, poi si sposa con un lamento di tastiera e prosegue tutto allungo la traccia. Il ritmo lancinante si veste di accenti industriali e contrasta con il sussurrato finale della voce per concludere l’album bianco.

L’album nero “Once again” rinserra una perla nera che culmina monoliticamente sopra queste 14 tracce: “Intheshell” è un miracolo di composizione: ritengo una partitura di batteria che aggancia con un suono quasi naturale, rumori di chitarre saturate, un basso che entra in mezzo al secondo verso, una sequenza leggera che decora come un festone i versi, Stephen Hawking in persona come corista, e una potenza sotterranea e suggerita, mentre il brano prende amplitudine. “Fino alla fine di noi, fino a dove non tocchi…”, Colpito.

Reverenza.

“Zero.uno” non ci lascia un secondo per soffiare, ed eco un altro MONUMENTO di composizione con contrasto fra spiagge calme, percussioni metalliche, voce raddoppiate, sovraincisione di voci: estratti di film, voci di radio e un loop vocale ossessivo che riempie la quasi totalità del pezzo: “na-na-na-na-na-na-na…” Puramente fe-no-me-nale: “Nuotare…. Addormentarsi un po’… nuotare… Allontanarsi un po’…”  Caspita! Sti due qua, ci sano fare!!! Due tracce nel l’album e siamo già un ginocchio per terra… Sembra che sento qualcuno sopra di me contare fino a 10…

“Asterio” è un lento calmissimo appena appoggiato ad un suono di piano dritto che ci proviene da l’altra parte della stanza. Verso 2.03 questa calma è disturbata da percussioni disproporzionate e infastidente che creano un’atmosfera contrastante: come un fiore delicato riposizionato nel vaso a colpi di martello.

Seguono le tre versioni Inglese “Everything plots”, “Nicoteena” e “Thing” in particolare, che contiene in una sola strofa i titoli dei due album.

RSU si inchina sulla culla di “Allesklar” per ripettinare la frange del boccio, in un remix stranamente più corto che la versione originale. Non è un extended version… è un remix…  Una specialità della casa.

Sapendo che quei due personaggi non fanno cose alla leggera, o velocemente nell’urgenza, possiamo invitare e anche pregare il pubblico a darci un’orecchia più che attenta e agli incondizionati di buttarsi senza altra forma di processo su questi due download e godere senza moderazione, delle perle bianche o perle nere, che quel bivalve rinserra…

Jones mi sta cercando dallo sguardo, perché sta per interrompere la nostra beatitudine culturale, so quello che sta per dire. Lui cerca un consenso, una via libera nell’acconsentire del mio sguardo. Giuro, che qualsiasi cosa succede, questo è l’ultimo segnale di questa interminabile missione, che passeremo attraverso la nostra strumentazione… Spero al meno che una volta i ballast svuotati riusciremo a staccarci dal fondo, o faremo la fine di una crespella, incollata sul fondo di una padella senza olio…

Commenti

Post popolari in questo blog