Capitolo 80 Black circus EP Black circus
[…] seguito recensione “The Rumpled”
- E chi viene nella nostra direzione in quel momento?
- Erhm… Black circus.
- I Black circus? Chiedo sorpreso.
- Aye, aye sir! Nel 354, rotta nel 179, velocita 12 Nodi, profondità 032. Risponde Jones.
- Ok occupiamoci di quei… “O Brothers” trio, allora. Capo centrale cosa diset?
- Beh abbiamo alla chitarra Denis Rossi che dovrebbe ancora essere nei “Matleys” si era aggiunto nel 2016 al paio già esistente dei Otterloop composto di Luca Bertoli alla batteria e Daniel Sartori alla chitarra per formare i primi Black circus: un duo di chitarre, con basso occasionale, su batteria. Poi come lo dice un comunicato intercettato da l’Intel “Dopo varie vicissitudini ed un cambio in formazione” Daniel raggiunge “Samsa Dilemma”, I Otterloop si sciolgono e l’Ammiraglio Giusy Elle è stata tutta scombussolata dalla notizia. I Black circus fanno qualche date live in duo. Poi recuperano Andrea Casna al Basso, non è schedato da nessuna parte nel nostro archivio, ma deve esser passato da qualche gruppo prima, vuole che verifico?
- Ovviamente, Capo centrale! E una volta completa, mi registra la scheda nell’ archivio.
- Aye, aye sir! Mando una richiesta d’indagine da subit… li leggo anca il telex ghe ven dalla retta flash:
“I Black Circus amano fondere le radici della musica del Delta del Missisipi ad un rock’n’roll più feroce ed essenziale. È un circo di ripescaggi nei riff blues più avvelenati fino ad arrivare alle atmosfere new wave. È un coast to coast dalle soleggiate spiagge della California fino alle atmosfere nuvolose dell’Ohio. Le loro canzoni prendono vita in soffitte polverose, vengono imbevute in tinozze di Moonshine e lasciate maturare nel Mojo. I Black Circus suonano la musica del diavolo ma sono in missione per conto di Dio”.
- Per il conto di???? Poi mi riprendo, vedendo l’allusione chiara ai “Blues Brothers” Ah sì! Dai, che me fan ridere… Voodoo… Mojo… fan rider, no? Gnent altro?
- Ecco la risposta; Casna l’era nei “Clara can’t escape” prima…
- Ah! con quella che canta in piedi sul bar?
- Si, si… Le ben quella, L’EP è stato registrato al Metrò Rec di Riva del Garda da Marco Sirio Pivetti…
- Pivetti … ha suonato sull’ultimo Francesco Camin? Sintetizzatore e flauto traverso, giusto?
- Si, si… Le ben quello, e masterizzato da Mauro Andreolli presso il Das Ende Der Dinge Studio a Trento...
- Andreolli di RSU? Quel maestro delle macchine in Lovecoma?
- Si, si… Le ben quello… Poi con l’EP esce anca il videoclip del primo singolo “Tell me please all about you” editato e prodotto da Vergot Films e coprodotto da Upload Sounds.
- Vergot Films? Come “Ma g'è vergot che se mou en la nugola: ven fuer n'om, tut spozà, brut come l'an de la fam, con en forcon de leign en man" Di Pulp alpestre di Felix Lalu?
- Si, si… Le ben quello…
- Nettuno stridente! ci deve essere un nido da qualche banda. Cominciamo! Jenkins; Doppler e spettrometro, Capo centrale; scanner, Jones; occhio a l’interferometro…
La prima cosa che viene in mente alla lettura dei primi dati che escono dallo scanner è: Ma chi è la tipa che canta? Poi, a paragonare con le registrazioni dei “Otterloop” risulta che la voce alta è bene quella di Luca Bertoli, il batterista, che si è poi lasciato crescere la barba per non lasciar dubbi: Le n’uomo… In tanto, il risultato della fusione fra Delta sound tradizionale e il rock feroce ed essenziale, l’accento generale dell’album è molto più orientato verso Rock n’ Roll, verso la New wave e i riff avvelenati. Solo due tracce contradicono questa tesi: “Many tiny words” e l’ovvio “Mississippi”. Dopo l’ascolto ripetuto rimangono in testa, gli accenti alti del canto, e il segno di un incanto voodoo lasciata maturare nel Mojo.
“Fear is the brightest gun” apre l’opus con una chitarra sola, rapidamente scortata da questa voce tanto particolare, abbastanza per essere rara, fino allo stacco (0.22) in quale il pezzo parte veramente. Ed è un Rock all’odore dei “White stripes”. Puoi picchiare finché vuoi sul tuo lettore Mp3 o il tuo CD player, l’assolo di chitarra non verrà più chiaro. Anzi, penso che picchiare con qualcosa di un po’ pesante potrà sicuramente risolvere il problema, ma non devi temere di andare sul grosso. Stranamente il ricordo principale che rimane di questa canzone è l’ultimo verso cantato ad libitum: “Since I was born they called me nobody kid, since I was born they called me nobody…”
Il bambino che piange “I never felt so bad in my entire life” si mette velocemente da parte, per lasciare posto a un diluvio di batteria, basso e l’ululo del canto, per un altro pezzo grezzo, fatto di ritmo lento ma pesante, su una chitarra alla Led Zeppelin. Il ritornello è senza equivoco: “Yeah something’s left for me to kill you, Yeah something’s left” sembra che si tratta della descrizione di uno stato d’animo, dopo una separazione sia con un collega, che con una signorina. Penso che il campo è stato lasciato imbiancato e vergine appositamente, per lasciare chiunque trovare il suo conto.
“Tell me please all about you” e l’oggetto di un video non ancora rilasciato mentre scriviamo il nostro rapporto di missione. Ma i teasers raccontano di tre prigionieri, di un cacciatore di ricompense e di spari allungo al fiume… Impiccano anche il bassista, o al meno, ci provano. Il Rock, qua presentato, definisce la canzone la più rifinita, la più definita, la più lavorata del EP. Bella partitura di basso che sa avventurarsi sulla totalità della sua tastiera. E sempre questa voce alta che girovaga intorno alle cime dello spettro audio.
“Many tiny words” è semplicemente colorato diversamente. Non è una canzone che si mette di traverso nel EP, ma propone una pausa allungo il suo breve cammino. Visto da qui sembra che Luca suona la chitarra folk, accompagnato del violino di Luca Giordani e del pianoforte di Georgia Maria Tsagris, e della chitarra elettrica di Denis che riempie il sotto fondo. Niente percussioni ma un basso più che discreto accompagna questa canzone al tono nostalgico “[…] my first real day of wind Is blowing to you through many tiny worlds…”
Metallo per tutti! “Mississippi” ha veramente il gusto di una storia del sud. Magari quella di un uomo di colore che tira suoi 40 anni in galera per essersi difeso da un bianco che voleva toglierli la vita. Ritmo minimale, atmosfera sudata, storie di vita spezzate, c’è tutto… zanzare in optional. Questo blues vede apparire un'altra chitarra a cassa metallica sulla registrazione. La prima è suonata Da Francesco Mosna con un capotasto esagerato e suonata con un “bottle neck” la seconda suonata da Denis. Sembra pero che “Dobro” sia un nome falsamente attribuito a strumenti con casa armonica in metallo. Solo il Dobro e di Marca Gibson.
“After Midnight” ci riporta suoi breaks alla “Led Zeppelin” che si intercalano fra i versi, per l’ultimo pezzo rock del EP. E piuttosto un tempo calmo, quasi vellutato che cammina tranquillamente allungo una voce ancora più femminile, ma che sa decollare alla verticale a momenti giusti. Finalmente una partitura di basso messa in evidenza su questo pezzo aerato ed equilibrato fra suoi passaggi tranquilli e quelli più arruffati. La mia traccia preferita nel EP.
Distanza giusta percorsa su questo EP che ritengo importante dalla qualità, l’originalità quasi androgine della voce, dalle atmosfere distillate alla chitarra, dalla solidità del basso che come un ponte metallico sopporta le strutture dei pezzi. Da qui rimane solo per i Black circus di consolidare le loro interazioni, aggiungere al loro repertorio nuove composizioni e trovare la via dello studio per un album completo e pensato tutto come questo EP.
A pensarci bene il traffico sopra di noi non diminuisce di intensità; solo Francesco Camin è sparito degli schermi. Noi siamo qui, appoggiati sul fondo da quasi un mese, la pancia nel fango e la sabbia mentre gli album della primavera ci cadono addosso. L’equipaggio è stanco, vuole tornare un po’ a casa, Io vorrei vedere le guglie dentate intorno alla base Nibraforbe…

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