Capitolo 35 Pugaciov sulla Luna album Freestanding

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- Dai! me son stofega de star in missione, da quasi tre mesi in immersione, senza riposo: Secondo? Mi traccia la strada per la Base Nibraforbe, nen a ca! Su!

Il secondo appare scortato dal Capo centrale e il loro volto grigio non mi dice niente di buono.

- Dobbiamo far un leggerissimo gancio di 20 gradi Ovest sulla via del ritorno, Capitan! I Pugaciov hanno sfornato un CD " Freestanding" e l'Intel insiste su questa missione e promette un riposo consistente per l'equipaggio sul periodo delle feste.

Nettuno Stridente! Per il momento dobbiamo rimanere rinchiusi in quella supposta di acciaio. E come l'ho già detto una volta "40 uomini rinchiusi in una scatola di ferro, sono 80 calze prodotte al giorno, e la fermentazione è un fenomeno ancora poco controllato a bordo del Wyznoscafo." C'è un odore di stalla a bordo, roba contro quale la calcia sodata del sistema di ventilazione è impotente. In cima a questo, abbiamo una dieta ricca di carboidrati e sembra che siamo preistoricamente profumati, roba da maschi veri, da spogliatoio di rugby, in circuito chiuso.

Pugaciov sulla luna... Che nome per una band Italiana! Mi ricordo avere leggermente svagato mentalmente, a l'epoca della loro scoperta, senza documentazione, su le origini del nome del gruppo: Istantaneamente mi era venuto in mente un oscuro cosmonauta degli anni 60, allenato da anni, 20 chilometri di jogging al giorno, medicalmente controllatissimo, centrifugato, accelerato, scosso, vibrato, pressurizzato, scaldato, congelato, portato al suo limite, la patria nel cuore più che mai. Ma a qualche giorno del suo viaggio verso la luna, un membro del partito arrivato dritto dal Cremlino, li disse: "Cancellato tutto, gli americani son già su..." e chiude la porta, lasciando le preziose del povero Pugaciov asciugarsi di un colpo e raggiungere il suolo, colpa della gravita. Finché Riccardo Pro, scoprendo la storia dell’oscuro eroi scartato dalla storia, decidesse di erigerli una statua per la posterità... Gnent de men.

Un EP gira da 2014 su bandcamp è il gruppo è presente sul sito database musicale Trentino. Il mini album di 4 tracce rivelava a l'epoca una grande diversità di stile, dal rock grintoso di "Slap", si può far un passo verso quello alternativo di "Bigger blue sea" durante la sua discesa verso il calmo dei versi, ci si può planare sulle prime misure di "Universe" per poi contemplare il psichedelico progressista di "Terra". Ho per le mani la copertina del CD, e guardo il robot a testa di pagliaccio, e la quantità eclettica di elementi che lo compongono. Il primo ascolto pero, da piuttosto l'impressione di una serie di storie raccontate, come in un libro di immagini: delle "tranches de vie" insomma. Tutte diverse, con lingue diverse, stile diverso, contenuto diverso.  Due tracce di 2 minuti o sotto. Un corpo centrale composto di tracce intorno a 5 minuti. Due sopra gli 6 minuti e una di quasi 8...  I Pugaciov sanno dare tempo al tempo. Nel senso in quale sanno dare lo spazio necessario per raccontare la storia come si deve. Niente elastico per raggiungere la "lunghezza radiofonica" standard, niente forbici per fare entrare una canzone nelle stesse scatole.

"Etat de marche" ruba la posizione del sempiterno "intro" un pezzo calmo e planante suonato al basso ed è cantato in buono francese, senza accento... Tranne magari l'hyper aspirazione della "h" su "honte" et "haine". Senza questo poteva anche ingannarmi, talmente la dizione è perfetta.

Come annunciare un pezzo Rock meglio che sentire in fondo un batterista che conta "one, two... one, two, three, four"? " Look the world" è un rock che invita a scrollare sul tempo, ha un retro gusto di "Buzzcocks" del periodo il più pop.

"Certain tricks" è da lontano la traccia la più complessa del disco, anche la più lunga. Sicuramente possiamo chiederci come si fa ad "abbagliare tutte le ombre d'incubo del tuo psycho giardino con mia super lavatrice da gara..." per essere veramente complessi.  Senza aggiungere il ritorno del figlio prodigo, subito prima che annuncia una seconda parte più corposa e potente, sollevata da un sassofono distante.

"Chains and wings" è un lento con percussioni prepotente, che porta il messaggio "quel che non ti uccide ti fa più forte" per farla corta... o quello che erano catene ieri, sono ali oggi.

L'Immagine si trasforma in un quadro di Salvatore Dali su l'iperrealismo portato dal testo di "Parallel" che sicuramente si svolge in un universo poco accessibile, dove alberi respirano sott'acqua, e i pesci fumano prima di saltare su asteroidi. Una voce telefonata da un altro mondo, rivela la provenienza del canto oltre una frontiera sfusa, per avvicinarsi più chiaramente verso la fine: "The big is small, the short is tall on my mind"... Uno dei miei pezzi preferiti sull'album.

Prima canzone in Italiano "Ballata sugli rami" riprende ancora un retrogusto Buzzcocks nel periodo più grezzo e punk. Questo rock semplice e quasi basico, suda di energia da tutti pori, e sbatte chiusa la porta al secondo minuto: Maestrale.

Introduzione alla batteria e voce doppiata per "John Coltrane twisted blues" un bel tempo medio, che sa passare da stacchi corposi a passaggi calmi. Un bel pezzo che sa decollare, e ricordarci "These are a few of my favorite things" di Julie Andrews nell’ultimo tema di chitarra. Questa nota poteva passare sotto silenzio, fuori dal periodo natalizio, ma l'analogia viene rivelata dal bombardamento di questo tema musicale in ogni pubblicità su nostri schermi.

"Testa di cristallo” aspetta il minuto e mezzo per camparsi confortevolmente in un buono Rock classico, dopo essersi estratto dalla foschia della sua introduzione, a gusto di basso e voce telefonata. "

“Psili to stavro mu" è un titolo che dovrebbe esser in greco moderno o anche albanese, se quel che rimane del mio corso di etimologia non è del tutto fossilizzato. Tanto è cantato in inglese. Lunga traccia che parte dalla sua meta, verso la musica balcanica, gratificata dell’accelerazione tradizionale e progressiva fino alla conclusione del pezzo.

L'album si conclude su un’ultima immagine "Freestanding" una ballata, calma, scortata tutto allungo dal violino di Debora Veronesi. Ci si conclude con calma perché dopo avere chiuso il libro di immagine, ci si può tranquillamente scivolare nel sonno. Vabbè che sono storie per grandi ma non importa, sicuramente i colori avranno altre riflessioni domani sera, e poi i giorni dopo.

 

 In Tant’, virata 20 gradi verso l’Est, e siamo di nuovo diretti verso la nostra base. E il Wyznoscafo non riprenderà il mare così presto. L'Intel dovrà anche giustificare problemi di comunicazione e di "relay" che non funzionano più.  Sia il capitan che l'equipaggio hanno bisogno di staccare. Magari suonare di nuovo "Freestanding" prima di chiudere gli occhi...

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