Capitolo 36 B Curly frog and the blues bringers album OWT
[Seguito recensione Malaga Flo]
- Segnale! Ranocchio riccio nel 010, rotta nel 180, distanza 12 miglia, velocità 05 nodi, profondità 034.
- Secondo? Ci porti dietro questo rilevamento in silenzio, nen da veder....
- Siamo nella loro scia, capitan.
- Grazie Secondo, ci faccia rimanere dietro tranquillamente, non devono sospettare la nostra presenza. Capo centrale? Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio in funzione, ci si comincia.
- Aye, aye sir!
Non si può paragonare gli "Curly frogs" con gli "Malaga flo" durante questa missione, ma se si deve guardare le cose sotto quest'angolo, l'album dei "Curly frog and the Blues bringers" è sicuramente quello il più organico, il più naturale. La registrazione sembra fatta dal vivo, quasi ad intuire che le cose sono andate cosi: tutti nello studio, una presa, niente sovraincisioni, grezzo di forma. Un’ottima scelta. Perché incolla al modo in quale, il blues dell’epoca, era registrato oltre Atlantico. Giudichiamo anche lo stile della cover di OWT: La voglia di far sembrare questa nuova produzione ad una pubblicazione degli anni 50/60 è ovvia. Il desiderio di tornare alle radici del genere è palpabile. E poi le registrazioni moderne, dove tutto è sotto il microscopio, non incollano troppo a questo genere musicale. Il Capo centrale interviene alla lettura dei primi risultati:
- Lo scanner rivela tre schedati nei file del Intel: Ennio Benedetti tastiere dei Malaga Flo ha suonato con I "Curly" nel 2012/13 e Paolo Tiago Murari, il meno riconoscibile di tutti, che suona con gli "Hot mustache" alla chitarra. Poi, Francesco Mosna, da solo con il suo dobro, ha fatto una bella apparizione poco fa a balcony TV sulla terrazza del Muse. Niente sui fratelli o cugini Ruocco.
- Molto bene, mandami una richiesta di informazione a l'Intel sulla rete flash, su quei due.
- Hop! Un momento capitan... C'è anche una pubblicazione parallela su soundcloud di "Old train Blues" che non è su l'album. Sembra che c'è un altro album in giro: "Bluesabilly" esattamente a l'epoca in quale Enrico Benedetti suonava le tastiere con la band. Leggero cambio di formazione per OWT con l'arrivo di Francesco Mosna alla chitarra e Dobro guitar. Registrazione a Berlino da "Lightning Recorders" utilizzando materiale di registrazione degli anni 50 e 60.
- Ah ecco! Ci si spiega tutto! Esclamo, mentre prendo la scheda dei membri in mano:
Samuele Ghezzi: canto, armonica e chitarra, Alessandro Ruocco: Batteria, Andrea Ruocco: contrabbasso, Paolo Tiago Murari: chitarra, Francesco Mosna: dobro e chitarra.
Non facciamo fatica ad immaginare coppie che ballano intorno alla band, uomini in vestito, camicia, cravatta, bretelle e scarpe bicolore, donne con tante gonne "a pois" che girano suggestivamente, in un’atmosfera affumicata di qualsiasi cantina di St Germain des prés o in riva al Missisipi. Un’atmosfera di dopo guerra suda da tutti suoni di questo album. E un salto temporale, un omaggio a Litttle Walter, Muddy waters. Un restauro del modo di comporre, un avvicinamento storico, quasi archeologico al genere musicale. E per far questo, bisogna studiare sodo la produzione discografica di quel tempo e saperla lunga, quello che nessuno a bordo del Wyznoscafo è capace di fare. Ma non temiamo l'inesperienza, siamo una referenza in assolutamente niente e possiamo prendere il posto del pubblico generale al momento di ascoltare questo album, sperando di tradurne al meglio il contenuto, e trasmettere la voglia di possederne la registrazione.
Mi sembra anche più comodo di radunare i titoli in gruppetti, perché la generosità degli "Curly frog", che ha portato a 14 le tracce contenute nell’album, non permette di entrare troppo nel dettaglio del traccia-per-traccia, senza diventare noioso. Il gruppetto il più numeroso contiene le canzoni che danno voglia di portare una donna sulla pista di ballo, storia di far girar le gonne. "Make love all night long", è una sineddoche sempre raccontata dagli uomini agli amici, ma quasi mai pienamente archiviata 'sul terreno'. Questo rhythm and blues si propone come un perfetto legame con il primo opus del gruppo: "Bluesabilly".
"Little doggie" ci fa rimanere in pista, con suoi accenti di Twist.
Il totalmente Jazz "I gotcha", con suoi ritornelli alla salsa rockabilly, lo segue su l'album.
"That's the blues" è rilevato di tocchi di armonica su un tempo medio e utilizzata un’unica chitarra per la registrazione.
"Rockabily 214" prende un serio accento di Elvis Presley nelle sue prime registrazioni fino al periodo "Sun sessions" incluso parole che finiscono su un pitch altissimo, assolo di chitarra e fine traccia su nota armonica tradizionale.
Molto più calmo nel suo ritmo, "Shake your leg" lascia la parte bella al sassofono e agli urli alla "Satchmo" di Samuele.
Per la categoria bel-blues-grasso-che-colla "Bite her!" apre la marchia con il suo ritmo laborioso, quasi appiccicoso. Il ritornello è punteggiato degli "hey!" di approvazione di tutta la band ad ogni "b-b-b-b-bite her!".
Ancora più lento è il ritmo di "Tear jerker blues" appoggiato tutto allungo la canzone su un pianoforte metronomo.
"My own Gospel" prega "Lord have mercy when I die" e rimane una preghiera ad un signore personale, casomai far Rockabilly, Boogie woogie e Rock n' roll, sia un peccato mortale.
Bel Blues, al suono metallico, con scivolate su dobro guitar per "Devil's knocking".
"Fly to my head like wine" è l'unica frase cantata nella canzone che conclude l'album, lascia bene ad ogni musicista il tempo di brillare ad ogni strumento, su questo blues al ritmo più sostenuto.
Quasi nello stesso spirito troviamo "Lightning Jam Blues" una improvvisazione Jazz, che ricorda il nome dello studio di Berlino in quale è stata registrata e che lascia armonica, sassofono, chitarra, contrabbasso e batteria esprimersi in lunghe frasi improvvisate. Queste due ultime tracce sono ovviamente le più lunghe dell’album.
Due canzoni totalmente atipiche sono sparse in mezzo alle altre tracce: "Leave that man" colpisce al primo ascolto dal suo accento Ska e Rock-steady che danno un colore quasi reggae alla prima parte della canzone. Peccato che ci si torna su un tempo jazz più rapido, dopo il secondo minuto e mezzo. Poteva campare confortevolmente in un bello ska, questa vena meritava di essere trattata fino in fondo, solo per garantirne l'unicità.
Ancora più sorprendente "No fear" un country folk, tinto di blue grass, frutto dell’influenza di Francesco Mosna, appare in mezzo a l'album. Accento del sud garantito, su un canto a due voci che danno a questa traccia l'illusione che sia cantato da due redneck del Arkansas. Tanto fra due giri di danza, bisogna sedersi per riprendere fiato e bere un po’.
Le luci si riaccendono e l'orchestra inizia a piegare mentre il pubblico raggiunge l'uscita. La festa finita, un vecchio passa la scopa, in piena luce, nella cantina vuota, sul rumore delle bottiglie vuote, che spinge ad ogni spazzolata, nell’odore dei portacenere freddi. Domani ci si suona da un’altra parte.
- Doppio segnale capitan! "Bluesabilly" è a portata di sonar nel 090 e "Electric circus" si trova alla stessa distanza nel 275.
- Hmmm.... e cosa facciamo adesso?

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