Capitolo
45 Silent Carrion album Suprematism III Sol
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Ci siamo appoggiati sul fondo. C’è silenzio abbordo.
- Secondo?
- Comandi!
- Mi faccia un giro dei gavitelli lasciati su vari fondi, e mi passa il risultato allo scanner per favore...
Passano 10 minuti, il Capo centrale e il Secondo tornano con la faccia grigia.
- Sembra che la storia si ripeta comandante...
- In quale modo? Interrogo.
- Capitolo 11 del archivio, comandante: “Silent Carrion” e “Ome brothers” e li, siamo di nuovo su “Horrible snack” dei due fratelli Omezzoli e “Silent Carrion”, come per incanto. Il gavitello di Pieve di Bono si è rimesso ad emettere silenziosamente e abbordo, lo sano già tutti...
La prima missione su Silent Carrion aveva commosso in un modo malsano l’equipaggio. Ritornare verso questa entità mono celebrale che produceva un genere “Noise” per colone sonore di incubi vividi, non incantava nessuno abbordo.
- Dai! Per le trippe di Laurence Krauss! E una coincidenza non è causalità...
- Questo lè malocchio prezzemolo e finocchio capitan, mi non vago. Dice il capo centrale... Campato di dietro, il Secondo lo appoggia pienamente dello sguardo. Jenkins seduto alla tavola delle carte ha lo sguardo umido, vibra del mento, e nega della testa.
- Fermi lì! Voi dovete andare ovunque, se io ne do l’ordine! Ok? Anche verso la morte sicura se la missione lo richiede!
- Ah ma per questo non c’è problema Capitan, e tutti abbordo la pensano così, in cima a questo. Perché... beh, “verso la morte” succede rapidamente e dopo lè tutto tranquillo. Ma dopo la prima missione verso “Silent Carrion” invece, la gente non è più la stessa e questo sconforto continua per un bel po’... e con quel bel po’ dobbiamo continuare a vivere... Perché lei non prende il microscafo per nar a farsi un giro li, mentre noi, lo appoggiamo con la strumentazione da qua? Eh???? Cosa diset? Tanto noi dobbiamo aspettare qua che esce un album dei Bob and the Apple, Rebel Rootz o dei Supercanifradiciadespiaredosi, no????
Sarà sicuramente la mancanza di autorità a farmi sedere nello spazio esiguo del microscafo. Dentro sto brontolando di continuo; prima perché sono seduto dentro come su una motocicletta e son meglio nella poltrona del centrale; secondo perché la check list del capo centrale mi da brividi: Collana d’aglio? Check! Crocefisso rovesciato? Check! Pentagramma portatile? Check! Coltello sacrificale? Check! Pallottole d’argento? Check! Zampa di coniglio e testa di gufo liofilizzati? Check! Mp3 di “Hight way to hell”? Check! [...] Poi terzo e in fine quando il Capo centrale chiude la cupola del mezzo dietro di me e caricano il tutto in un tubo lancia siluro, sento bene, attraverso il metallo, la voce del Secondo dire:
- Dai! Nen alle Sarche, c’è il festival della birra a l’albergo Ideal!
C’è come un’aria di fregatura... Il segnale silenzioso del gavitello mi riporta verso il quinto opus del entità la più nera del Trentino (Ruins 2010, Andras 2012, e la trilogia degli “Suprematism”: I Jupiter 2013, II Mars 2014, e oggi III Sol 2016)… O si ferma lì e conclude la trilogia o ci farà fare un giro completo del sistema solare e dovremo aspettarci ad altri tormenti nel futuro. In tant’ mi son riascoltato la totalità della discografia tre volte prima di partire, storia di acclimatarmi.
- Voglia... saltami addosso e prendimi selvaggiamente!
Perché la prima traccia si intitola “Genocide” ... Mi auto stimolo mentre i bassi dello strumentale ondulano sullo schermo del piccolo oscillatore che ho sotto il naso. Ci sarà sicuramente, in questo tipo di musica, qualcosa che noi ascoltatori della domenica non capiamo: Per esempio sono qualche anno che vedo apparire nella stampa musicale un’entità come SUNN O))). Vestiti come monaci sacrificali, hanno un bel po’ di gente agli loro concerti e vendono un bel po’ di album. Misteriosamente le loro composizioni sono un unico suono distorto, basso, esteso per lunghi minuti e loro concerti sono ad un volume sonoro al limite del sopportabile, che fa vibrare il corpo in un modo scombussolante. Sorprendentemente ho esperimentato il fenomeno durante un concerto di Public Image Limited in quale Johnny Rotten invoca ripetutamente “Bring on the bass” e nelle 4 o 5 minuti che seguono, il suono del contrabasso elettrico si amplifica e piomba giù nelle frequenze progressivamente, in tal modo da far vibrare tutti in sala. Vabbè 5 minuti di sensazioni forte, ma non potrò sopportare più di tanto. Ecco, lo spirito di “Genocide” è qua.
Novità in Silent Carrion ci sono testi e ci si canta... beh ostia! l’ho detto troppo velocemente... C’è una voce su tre tracce: Di quelle oltre tomba, di quelle che ti sussurra nelle orecchie mentre srotolano via gli 10 metri di intestini che hai, attraverso un piccolo buco in pancia... Basso, batteria e suoni torturati sono gli elementi principali delle tre tracce successive. Pero per una volta da bravo ateista, concordo più che pienamente con il contenuto.
Nuova ricetta per portare il contenuto del messaggio nella direzione giusta, nell’atmosfera giusta: Nero e pesante. “Death is our only god” oppone la folle speranza di un padre, che cerca conforto nel potere rivedere il suo figlio morto nell’aldilà, e il freddo razionalismo della sua moglie che tempera il suo delirio con verità fredde, quasi ghiacciate, ma reale. La morte è l’unica cosa su quale non possiamo far niente, l’unica cosa più forte di noi... our only god. Non c’è paradiso, non c’è dopo vita, non c’è nulla dopo l’ultimo respiro.
“Harvest” riporta l’immutabile ciclo della raccolta e il suo ritmo inalterabile nel confronto del ritmo umano e la sua fuggevolezza su questa terra. L’uomo e la donna passano, la raccolta necessaria alla loro sopravvivenza rimane. Quasi più importante delle povere mani e anime che sono necessarie al suo svolgimento: “Reap and sow” che sono le parole ripetute nel ritornello, abbassa l’umano nella schiavitù della raccolta, al livello di effimero operatore. Una quantità quasi trascurabile.
Un nuovo capitolo del “Suprematism” si svolge nel movimento di Jupiter e Marte (è strano... non sono i titoli dei due album precedenti???) “Jupiter and Mars merge... it’s timeless” “Every moment is eternal, it’s time, know yourself!!!” Questo capitolo si conclude sulle note claudicante di un piano forte maldestro che sbanda di una nota fuori dell’accordo ad intervalli regolari.
Conclusione inequivocabile dell’Opus “4.33 Noise" sono effettivamente quattro minuti e trenta tre secondi di un outro che sembra quasi strutturato nei tre primi minuti, poi assomiglia alla turbina di un astro nave in fase di partenza. De quelli su di quale bisogna saltare, per potere far un giro nel lato oscuro della sua propria forza.
Sono quasi confortato nelle mie posizioni e regole di vita nel momento in quale rimetto il capo verso il Wyznoscafo, che è rimasto appoggiato sul fondo, a portata di mano di una bella raffica di spine di birra. Spero farmi pagare un bel giro da tutti, prima di riprendere in un pugno fermo e deciso, il comandamento del sommergibile.

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