Capitolo 16 Mezzopalo album Underskin stories
- Capitan! Capitan! È arrivato questo sulla rete flash: sembra che Axel Rose si è comprato casa di villeggiatura a Campodenno nel centro storico e canta con un gruppo locale.
Riconosco quel marinaio... Jenkins, giusto? Sta cicatrizzando bene dopo un mio intervento alla pinza di elettricista (vedere recensione Rebel Rootz) sulle sue sopracciglia. Onestamente lo pensavo ferito ma vabbè... Non riesco a farmi a l'idea che questa ferraglia corporea potesse diventar moda. Pero non bevo la sua storia e l'invito a sbarazzare, perché guardo da sopra miei occhiali un anello nasale, e la pinza dell’elettricista si sta aprendo e chiudendo in ritmo...
Non so se è l'esperienza che conta in questi casi, ma la cosa non mi convince e non convince neanche Jones al sonar che è l'orecchia la più sottile del bordo. In tant' un giorno di immersione dopo, mi raggiunge alla tavola delle carte dopo una notte bianca, accompagnato del secondo.
- Eco capitan, si ricordi dei Guns and roses e l'ondata di influenza che hanno generato?
- Meuh...
- Bene, la maggior parte delle registrazioni che sono arrivate dopo in zona, avevano tutte questo segnale molto debole in sotto fondo... Beh, io lo ripassato al computer e sono riuscito ad isolare questo rumore: "SbrahaaaAaAAaaM!" Bene, il software SARS* del Intel è stato creato nel periodo di " Appetite for destruction" e quando perde i pedali, torna dalla mamma, se vede quello che voglio dire...
- Non ti seguo niente ha fatto Jones.
- Bene, lo ascolti adesso a 10 volte la velocità: " sbrimsbrimsbrimsbim" ... (Non ci posso credere!)
Il secondo srotola la carta del fondo davanti miei occhi e Jones continua:
- Allora il primo contato e arrivato alle 9:15 rilevamento, 269, alle 9:30 era qui, e l'ho captato di nuovo alle 11:00 e alle 11:15. Se ricordi della storia dei gruppi locali che andavano a chiodo nei canaloni perché avevano delle mappe molto precise dei canyon? E l'accesso agli canyon era una formazione rocciosa chiamata gli gemelli di Thor... Guarda bene...
Jones tracciava sulla mappa una diretta Pieno Nord verso gli gemelli di Thor.
- Fiuuuu! Dico al secondo, la strada Gotica numero 1! Dimmi se ho capito bene Jones; un computer di 40 milioni di Euro ti dice che stai ascoltando i "Guns" e tu non lo credi e tiri fuori tutta questa storia, inclusi tutti calcoli nautici...
- Beh, mi può prender per pazzo Capitan...
- Rilassati, Jones, mi hai convinto! Andremo a beccarli a l'uscita del sito di scarico www.puresteel-records.com e aspetteremo che escono per piantarci dietro. Saprai riconoscerli a quel momento?
- Adesso che so cosa ascoltare.
- Secondo... risaliamo a profondità periscopica per mandare testualmente questa risposta immediatamente a l'Intel: "Se te ghai ancoi un pezzot de quel che ti sei fuma prima de mandar quel informazione, dimmelo che torno da subit alla base e se l'fem assieme"
Era tempo per l'equipaggio di sapere in quali pasticci andavamo a mettersi regolarmente: L’Intel era fallibile. Corretto molto speso, ma fallibile. Comunque andavamo ad accanirci con tizi con cinturoni a chiodini, vestiti esclusivamente di Denim o pelle, e quelli con quale la maglietta scura o la camicia a quadretti era di rigore. Gambe allargate per raccogliere le energie terrestre e irradiare riffs come una antenna metafisica verso l’infinito, manovella su chitarra bassa, amplificatori Marshall graduati fino a 11 o niente, suono in sala prove a 120dB per non perdere sensazioni.
“Sweat” è un 5 tracce uscito nel 2005, ed è ascoltabile a traverso Facebook esplorando "Band profile". Reverbnation ne propone l'ascolto, ci si nota che solo "Bad Habit” veste la metamorfosi di 9 anni di maturazione per essere riproposto in "Underskin stories". Notevole la conclusione del EP su "Feelin' all right" bluesy a sudarne da tutti pori. Maestrale esecuzione del classico di un classico. Come "Richard Dawkins" comanda. (Sono ateista duro e puro quindi "Come dio comanda" va fuori del mio linguaggio, propongo quindi un professore di biologia dietro il quale, bigotti e devoti non ricrescono più). Da questo EP a "Underskin stories" passa tempo, 9 anni di pensieri e esperienza, rinchiusi in botte di quercia per raffinare profondità, sapore, precisione, complessità, composizione. Mettiamola per chiaro "Mezzopalo" ha un cantante, cioè una voce potente e acuta capace di esplorare gli alti senza fallire, di mantenere note, di farcela alla dura, alla rugosa come alla dolce. Poi dietro c'è della gente con chilometraggio: sia alle chitarre che alla batteria o al basso. Un Basso non messo troppo in evidenza nelle registrazioni ma su di quale tutti gli altri si appoggiano: Lo ritiri e crolla tutto.
"Enough of you" apre l'album. E un titolo un po’ stereotipato, buono, ma già visto: Limite un po’ "cliché", è che può dirottare l'ascoltatore nuovo di un colpo: Notiamo qui, che nel primo minuto di ascolto, la tendenza a non rimanere su un pezzo, se non piace è grande. Siamo nell’era dello zapping, dei 220 canali, dell’impazienza, del tutto subito, e se non si aggancia nel primo minuto; lo scarto è comune. Poi gente che ascolta 20 o 30 volte in loop prima di fare una recensione è piuttosto rara. Son cose da pensare, perché dopo c'è un album intero per quale c'è stato sputato sangue e sudore.
Apri album è un posto che "No reaction" occuperei alla perfezione. Uppercut al mento, stacchino prima del ritornello, voce che te taglia dal cuore a l'ombelico, chitarre come seghetti alternativi, fine sincopata prima della sberla finale: c'è tutto! Convince. Sanguini del naso, vedi un dente tuo per terra, pero hai la voglia di tornarci.
"Ain't up for TV" sembra un leopardo che si avvicina verso di te piano, piano quasi ballando. Poi la voce stridente ti sta a significare chi è il padrone nella gabbia.... televisiva. Meglio starne lontano, c'è robaccia su 99% dei canali.
"Honolulu" arriva come una trave, una pietra angolare, su quale un edificio si appoggia. 1:39 sembra che il pezzo decolla con una bella introduzione vocale, ma prima del secondo minuto deriva per aprire nuovi spazzi, il passo si calma per proporre dettagli come al rallentatore su arpeggi elettrici. Poi la cosa decolla veramente perché arriva una serie di tracce per maschi... Da lì, ci si parla sul serio: "Shady and shiny” ti prende al ritornello perché è tagliato come una bella curva sulla neve. Cori calibrati, tema di chitarra che torna nelle transizioni, potenza che sposta tutto, e un bel basso rotondo che appare nel break. Ecco un mattone di peso. Poi ovviamente il mio dessert personale: "Conversation" con i suoi 6 minuti 27, è un pezzo veramente orchestrato. Parte calmo e rimane calmo tutto allungo pero è potente. Una potenza di quelle telluriche che accumula energia per brillare verso 5:36 per un cambio di struttura sostenuto da una coppia di chitarre, che se spezzano il lavoro per sfumare la conclusione dell’opera nell’eco e la riverberazione. Bestiale. Quello me lo faccio a colazione tutti giorni per un anno intero. Poi non posso far altro che prendermela personalmente quando lego recensioni leggere. Poi, rock critic con la smorfia sotto il naso che propongono che una band può avere "ampi margini di miglioramento" (cioè significare: "Ragazzi, partite da un po’ basso") c'è n'è sono ad ogni angolo di strada, quelli che possono far meglio alla chitarra, basso, batteria, o canto sono già tanto di meno.
"Skeleton" è una sgommata di Arley su ghiaia di viale centrale di castello dopo avere accontentato la contesa. Le piace quando l'ago sale nei giri? Quando si squilla un tocchetin? Quando il diodo elettroluminescente rimane permanentemente nel rosso? Gradisca...
Calma relativa per "Sea of fools" con gli suoi arpeggi a due chitarre. Introduzione come ritornelli di stessa fattezza portato da cori abbondanti.
"Bad habit" prende sulla versione album, un bel colpo di defibrillatore e perde pezzo, per un contenuto uguale: 2:18 su "Underskin", contro 2:50 su "Sweat", dopato a l'anfetamina per un bel incremento di Battute Per Minuto. Voce più grintosa e affilata, un Meola a tre braccia alla batteria. Me gusta.
Ovviamente non si può concludere un album leggermente. Un gusto di tornaci deve rimanere. "Another sip of Hell" mi lascia l'introduzione di un solo di chitarra da 4:30 in poi. Poi basta lasciarsi andare per gli 7:38 del pezzo il più lungo dell’album. Senza annoiarsi un solo secondo....
Non mi vedo aspettare 9 anni per un altro album anche se l'Hard non è specialmente mia tassa di tè. Adesso bisogna portare avanti "Underskin stories" per far un fratellino fra poco.
SARS = Seismic Activity Rock n' roll Sensitive

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