Capitolo 212 Maitea album Maitea

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Siamo pieno EST da un bel po’. Poi, a propulsione ferma abbiamo derivato con le correnti per un tempo indeterminato. A chiederci cosa ci stavamo a fare 100 metri sotto il livello del mare. Sara ancora Jones a tirarci fuori dal nostro torpore:

- Segnale nel 359, distanza 17 miglia, velocita 0 nodi, profondità 290, firma sonar Maitea, 10 schedati… Risale alla verticale 2 metri al minuto.

- Ulaaa… Non è ancora uscito! Poi, dieci schedati? C’è un raduno verso il 359??

Ma mi riprendo, pensando che dopo 10 anni a girare nei mari nostrani, abbiamo incrociato un numero importanti di musicisti, ingeneri del suono, produttori, graffisti, fotografi e che le loro traiettorie si incrociano per forza.

- Capo? cosa abbiamo in archivio?

- Ehrmmm… n’attimin’ per favore, allora 5125 tracce, abbiamo al meno una traccia proveniente da 337 gruppi, di quale 192 sono ancora attivi, 145 sciolti, per un totale di 311 ore di musica locale, che sono quasi 13 giorni complessivi. Siamo a 40% di memoria nei buffer dell’archivio…

- Beh, sui dieci schedati ci sono teste conosciute, no? Ci chieda un dossier completo a l’Intel sulla rete flash e può farli parte del rilevamento. Rotta nel 359, velocita minima, profondità 190.

Sento il Telex della rete flash imbrattare carta perforata e della coda dell’occhio seguo l’immutabile coreografia della matita gialla in mano al capo centrale, la messa in ordine delle foglie, le annotazioni di margine, lo scarto del superfluo. Si avvicina, credo sia pronto:

- Allora, l’album di Maitea, chiamato semplicemente “Maitea” vede finalmente il giorno. Prodotto da Elisa Maitea Olaizola e Marco Sirio Pivetti. Registrato presso la Metrò Rec di Riva del Garda, missato da Marco Sirio Pivetti, masterizzato da Mauro Andreolli. L’artwork della copertina è di Daniele Brusinelli, la foto è di Lorenza Daprà, che ha vinto la migliore copertina al Trentin’ Music Award 2022, con la copertina di “Tut Bon” di Felix Lalù. Il progetto grafico del digipack e del libretto del CD è di Ilaria Bee. I musicisti che hanno registrato sono Francesca Endrizzi alla batteria, Valentino Job al basso, Alessio Dalla Torre alla chitarra, Marco Sirio Pivetti alle tastiere e sintetizzatori. Poi appariscono su certe tracce: Massimo Faes al pianoforte, Marco Mattia, il produttore e arrangiatore di Edoardo Zorzi al piano e tastiere, Elisa Pisetta alla chitarra, Cristian Postal al basso, Stefano Eccher, che ritroviamo letteralmente dappertutto in questi tempi, alla tromba e forma una bella sessione fiati con Daniele Cenci al trombone e Marco van Bussel al sassofono. Quattro single hanno annunciato l’album; “Neve” esce in gennaio 2023, poi “Armatura” in febbraio, “Pagina Blu” in aprile scorso e ritroviamo il suo primo single “Guadare il soffitto” dell’agosto 2020, nominato al Trentin’ Music Award 2020 nella categoria Migliore singolo è incorporato giustamente a l’album, che uscirà il 31 maggio 2023, siamo ovviamente in anticipo su l’uscita.

- Le nostre prede preferite capo!! Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, cominciamo!

L’album intero è composto di una pop leggera, sofisticata, molto attuale nella sua forma, arrangiata e prodotta da referenze locali. Il prodotto finale è dolce e lucido, fa sognare e fa ballare. Solo a vedere la lista di chi ha messo le mani in pasta su questo progetto, potevano solo sfornare un prodotto di qualità. Notiamo che l’album è accessibile ad una larghissima fetta della popolazione locale e sarei molto gratto di vedere radio locali passare le perle di questo album, che ne comporta abbastanza da fare una collana. Notevole canto di Maitea, non dalla sua capacita a spaccare un bicchiere di cristallo a tre metri, ma a sapere trascinare, saltare sopra note, decelerare, incorporare un silenzio per storpiare esteticamente la metrica delle sue canzoni. In due parole; se c’è un binario comune su di quale cantare, Maitea sa distaccarsene per creare una melodia di canto, che ritiene l’attenzione.

“Sogni a meta” è la seconda versione della canzone originalmente pubblicata nel 2018 con un video e apre clamorosamente l’album nella sua versione più orchestrata, con una Francesca Endrizzi maestrale dietro la sua batteria, come da cima a fondo dell’album. Notevoli le piccole frasi di sintetizzatori che punteggiano i versi dall’inizio del brano. La canzone diventa non lineare, il produttore sa ritirare certi strumenti dopo il primo ritornello, per creare spazi liberi e spiagge di svago, sonorità con riverberazione diversa, creando stacchi di riprese per gli strumenti, di mezzo al verso, batteria in testa... La voce si raddoppia su parole strategiche e rialza il testo. Il ponte musicale è annunciato sullo stesso modo che lo stacco dopo ritornello, creando un aggancio quasi regolare. Che bel lavoro. Magnifico. Puramente magnifico.

“Pagina blu” è uscita come single durante l’anno, scala di un gradino nel ritmo per offrire un’introduzione più calma, introdotta dalla chitarra folk di Elisa Pisetta, e ci ricollega con la nostra realtà odierna: “Ventimila leghe sotto un mare di rumore” e il fatto di essere certe volte “una pagina Blu in un libro di pagine grige”. Come si dice da queste parti; il senso del testo è un po’ “vicino all’osso” soprattutto in questo momento. Il pezzo si increspa dopo la meta della canzone per alzare il ritornello. C’è un po’ troppo da leggere fra le righe di questa canzone, per noi.

Altro monumento di arrangiamenti e produzione; “Armatura”, terzo single estratto dall’album, si impone ancora come una canzone cantata, sia con metrica, che melodia piacevole. Cosa volete che vi dico? Sono i suoni, le melodie e le parole, che combinate assieme sono piacevoli all’orecchio, oltre qualsiasi spiegazioni tecniche e decifrazioni oltre fate. Siamo qui disarmati davanti alla forza del ritornello e la sua costruzione, i cori, i raddoppiamenti della voce, il senso del testo. E tutto epidermico

o lo senti con la pelle o passi puramente accanto. Spiacente Io, ci sono cascato…

Mi aspettavo ad una cover di Silvia Caracristi con “Pezzi di cielo” ma la referenza si limita al titolo. Le belle chitarre suonate da Alessio dalla Torre sostengono a stratti il ritmo, separate su canali destra e sinistra. Oltre al ritornello c’è una frase che si inserisce naturalmente nella mente e rimane un punto alto nel brano; “Leggera, leggera, come la primavera” si arriccia attraverso un vocoder per dare enfasi al crescendo della chitarra elettrica, che ci guida verso la conclusione.

Il testo di “Neve” è coscritto da Maitea e Daniele Brusinelli. Accoglie una sessione fiati composta da Stefano Eccher, Daniele Cenci, Marco van Bussel e le tastiere cristalline di Marco Mattia. La canzone è leggera e aerata come neve che cade, appunto. Il basso di Valentino Job rimane discreto nel primo verso, soleva il ritornello per dare il tocco di profondità necessario per lanciare il brano, ma la sua partitura è più notevole nel secondo verso e fa arabesche accanto alla metrica del canto. Ancora una bella miscela di ingredienti scelti.

Guardare il soffitto” è l’unica canzone dell’album ad essere registrata al Dingo studio su arrangiamenti di Maitea, Francesca Endrizzi, Cristian Postal, Elisa Pisetta che ritroviamo rispettivamente al basso e alla chitarra. Francesca sa anche distinguersi ai cori su questo brano. A dire la verità quando si mette a cantare, il mondo intorno a me si ferma del tutto. Il ritmo è allegro e sollevato, primaverile e pieno di bollicine leggere, come il video che illustra la canzone del 2020.

Testo di Maria Vittoria Keller su “Chissà”, un'altra canzone ritmata e ballante. Ancora un altro crescendo sul primo ritornello, in equilibrio su un motivetto di tastiere. Ci sono due chitarre sulla composizione ma i lori interventi rimangono avvolti di sintetizzatori che prendono il commando del brano. Le chitarre appariscono nel ponte musicale e puntualmente in interventi muscolosi nel secondo verso. Mi stavo chiedendo; chissà dove finiscono i resi conto di missione, una volta mandati a l’Intel?

“Foglie sparse” è un lento che prende intensità con l’andare e che si distingue da stratti di cori, tutti fatti da Maitea, come su tutto l’album del resto, ma qui, prendono un posto preponderante, quasi a sostituire strumenti o al meno partiture che potevano essere affidate a tastiere, per esempio. Un basso arretrato, ma presente da cima a fondo rappresenta, con le percussioni, la carpenteria su di quale le voci scorrono. La canzone può sembrare banale nella sua forma scritta o a prima vista, ma la bella messa in pagina, fatta alla produzione, li dà un’importanza notevole.

Il pianoforte di Massimo Faes è l’unico strumento presente su “Lana” canzone leggermente triste e nostalgica, cercando di riempire con oggetti ed indumenti lo spazio lasciato vuoto da un compagno. L’esercizio mette l’accento sulla voce che diventa, di un colpo, il punto focale dell’attenzione da l’assenza di orchestrazione. Maitea conferma di sapere riempire lo spazio, tranne quello lasciato incasinato nell’armadio.

Il basso espande un suono alieno sui versi di “Vento” ultima canzone dell’album, guidata di nuovo dalle tastiere che impongono il ritmo, dalla combinazione di varie sequenze che scorrono filigrane sotto tutta la canzone. Bello ritornello sgranato in modo scorrevole e che stampa la melodia del canto in memoria. Ecco un altro aggancio forte nell’album. La canzone ha un gusto moderno e contemporaneo, non vorrei utilizzare “alla moda” per evitare la confusione con quello che sentite in radio tutti giorni. Per lo meno l’album si conclude su una nota alta ed è un brano che può anche pretendere essere un altro single estratto dall’opus.

Il rilevamento continua pazientemente il suo percorso verso la superficie che strapperà fra qualche giorno. Noi, siamo più che contenti di averlo recensito in largo anticipo. Possiamo solo augurarli il successo che merita pienamente, dalla poesia delle canzoni, la metrica del canto, le influenze portate dagli musicisti su ogni traccia e dalla produzione di Marco Sirio Pivetti su questo album importante in questo anno. Magari torneremo a parlarne, chi sa?

- Secondo? mi traccia una rotta per tornare alla base e fateci risalire a profondità 020 casomai incontriamo una sorpresa sulla via del ritorno.

- Aye, aye sir!

- Mi ritiro in cabina! Torniamo alla base!

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