Capitolo 205 Yellow Atmospheres Fatum

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[…] seguito recensione Le Tenebre

- Capitan, abbiamo un segnale profondo, firma sonar Yellow Atmospheres, quattro schedati…

- Jones, I Yellow Atmospheres sono in due… Al meno che… Dove son diretti???

- Nel 240, distanza 23 miglia, velocita 00, profondità 350, risalgono a 10 metri al minuto.

- Ah ah ah… Non è ancora uscito. Dai! facciamoci uno snack prima di staccare! Rotta nel 240, velocita minima, profondità 300!

Penso che durante il tempo in quale il nostro rilevamento risalirà verso la superficie, saremo in buona posizione per un’ottima recezione di dati. Tanto siamo largamente nelle profondità raggiungibili dal Wyznoscafo, sentiamo per lo meno gli scricchioli metallici che la pressione infligge sulla superstruttura.

- Hanno rallentato nella loro salita; 2 metri al minuto, adesso Capitan!

- Perfetto! Avremo una lettura ancora più dettagliata dei Dati! Scanner, doppler, spettrometro, decoder audio, cominciamo.

Niente rapporto del Capo Centrale a queste profondità, siamo irraggiungibili, schiacciati da centinaia di tonnellate d’acqua. Pero ci ricordiamo tutti che ci sono due membri nel gruppo; Ricardo Rea alle percussioni e handpan; un disco volante metallico agli suoni incantevoli e Andrea Celeste Broggio all’arpa. Solo di memoria posso ricordarmi della loro discografia: 2015 (In)stabile; EP di 6 tracce, poi la nostra missione su Kairos, un concept album del 2019, che seguiva un’altra registrazione del novembre o dicembre 2018 di Ricardo Rea, in compagnia di Fabio Vidali questa volta, chiamata Mesogeios, sempre su questa casa discografica di Verona; Miraloop Records, ma con il nome di formazione:” Luna d’oriente”. Il mio quinto senso e mezzo mi dice che ritroveremo Fabio Vidal in questa registrazione, che dovrebbe essere il terzo schedato. Su di questo, scommetterei anche 100, che il mio quinto senso e mezzo non può sbagliarsi, sarebbe anche ovvio, ma ci sono ancora troppi punti di domanda sul quarto schedato. Dobbiamo affidarci agli datti dello scanner e spettrometro combinati…. Vedremo.

A paragonare i dati con quelli dei due primi album di Yellow Atmospheres, questa registrazione sembra più evoluta ed orchestrata che le due prime, più orientate verso il suono puro dei due strumenti... Niente concept album questa volta, ma un blocchetto di immagini da sfogliare per un viaggio verso multiple destinazioni, in vari parte del mondo. Lo scanner nota anche percussioni etnici varie e anche la presenza di sintetizzatori, di fiati, di archi e di campionamenti di suoni ambientali.

Dei passi sulla ghiaia di un sentiero aprono “Uktavor”, la parola significa pellegrino e ci porta in Armenia, solo dal suono del suo titolo, sul soffio di uno strumento locale della famiglia del flauto, il Duduk. Didgeridoo, strumento conosciuto, kalimba piccolo organo fatto di lamelle metalliche suonato con i pollici e darbuka percussione originaria della Mesopotamia, si aggiungono al brano. Questo album, dalla prima traccia, mette in scena la collezione di strumenti etnici che Ricardo ha radunato durante suoi viaggi. L’arpa si fa ritmica, mentre le percussioni appariscono puntualmente. Oltre il secondo minuto una notevole enfasi nei suoni, gonfia il brano per lasciare il Duduk e il didgeridoo concluderlo.

“Fatum”, che dà il titolo al disco, riporta arpa e handpan sul davanti scena, con una partitura leggera e allegra. Un velo di tastiere appare in sfondo, verso la meta del pezzo. Verso 2.30 uno stacco solleva il ritmo della composizione. Discreti archi suonati da Rossana Caldini ci portano verso la conclusione.

Sbagliato del tutto, i dati rivelano una quinta schedata, nel brano “T-Essere” nella persona di Sabrina Campagna, comparsa nel video dei Poor works “Intrecciando nodi”, Vincitore al TMA 2018 nella categoria video e ancora comparsa nel video di Darvaza wave “Life is unfair”. Sabrina Campagna presta qui la sua voce, per poche parole mormorate allungo un fondo musicale molto aerato e spazioso, lasciando posto a poche note di sitar e di fujara, strano flauto della Slovenia suonato verticalmente come un oboe.

Andiamo fino in Tanzania, Kenja e Mosambique per il titolo seguente “Jua” che significa Alba in Swahili. Ritroviamo un po’ più le sonorità usuale dell’arpa e del hand pan nella prima parte del pezzo che evocano l’inizio dell’umanità sul continente nero. Delle tastiere appariscono nella seconda parte. prima sotto forma di cori, poi di sequenza, mentre un discreto didgeridoo passeggia sul retroscena.

Immenso salto dall’altra parte del mondo, a Hawaii per “Lokahi” un termine che significa armonia fra natura e umanità. Il rumore del mare accompagna un’introduzione fatta con Kalimba e dan t’rung, uno xilofono vietnamita in bambù. Un flauto bansuri appare per annunciare che l’arpa e l’handpan devono ritirarsi. Il canto di uccelli, registrati in foreste nostrane, riporta la composizione in Trentino.

Il tintinnio cristallino che sentiamo all’inizio su “Saudade” proviene da cimbali tibetani, le stesse che visse per la prima volta in un video, in una delle mie canzoni preferite di Depeche mode. Qui il pezzo è lento e dettagliato appassito ancora di più dalla viola e violino di Rossana Caldini, che stende un velo fra due colpi di gong.

C’è visibilmente un basso allungo tutto il brano chiamato “Rekontigo” il pezzo accoglie tre altri musicisti: Javier Spinelli alla tromba, Tiziano Salifer al basso elettrico e Fabio Vidali è qui di ritorno al Flauto e il sassofono. Il ritmo invita solo a dondolare piano con un bambino in braccia. Il significato del titolo in esperanto rappresenta il concetto degli incontri. Ancora un tema stupendo, sviluppato dal duo con invitati scelti.

“Kintsugi” racconta a l’arpa e handpan la storia di un vaso, che rotto, viene aggiustato con oro. Il pezzo inizia con una partitura leggera e gioiosa di arpa, fino ad un leggero rumore spezzato. L’handpan inizia la lenta ricostruzione con l’arpa e l’arrivo progressivo di altri elementi, riportano gradualmente verso lo spirito del tema iniziale. Riesce anche a sorpassare il suo aspetto originale, guidato da l’arpa che si incarica del finale.

“Metamorphose” è costituito dalla lunga introduzione su due note di arpa, che allungo il pezzo, scappa raramente dal gruppo di tre o quattro note, alzandosi sopra il ripetitivo della dentella sonora, per corte fughe acrobatiche. Ovviamente, oltre la meta della composizione entriamo in un lento crescendo, che si gonfia appena dal gruppo di battute precedenti. La progressione è lenta e include tastiere e voci fugace che punteggiano precisamente il finale.

Secondo me, la natura e naturale, l’uomo crea il rituale, sembra che il soggetto trattato sia un rituale naturale. “Ritual” vi invita ad entrare rispettosamente alla ceremonia, cadenzati da tamburi che devono ritmare vostri passi. I rumori di metallo grattato vengono rivelati dallo scanner: è uno spicciolo raschiato sulle corde dell’arpa. Il tema lancinante che si ripete allungo il brano descrive l’inesorabilità che la natura possiede per perpetuare suoi ritmi. 

L’inaspettato quarto schedato si rivela su “Wanderlust”; è Mattia Nardon, musicalmente più conosciuto sotto il nome di Imnoises, che dà la mano all’incorporazione calibrata di tastiere nel brano e sicuramente in tutti brani in quali tastiere appariscono. Questo è il più notevole pezzo dell’album magari il più melodico, sicuramente il più influenzato, magari il più alieno… Notevole seconda parte che innalza la composizione di un ritmo sollevato.

“Vita” accoglie di nuovo Imnoises su rumori di acqua, elemento fondamentale per la vita in natura. Il pezzo inizia su vari suoni digitali di sintetizzatori e suoni di ruscellamento di arpa, basso sintetico, che fanno da muschio di bosco a l’handpan, che ci cammina sopra. Dialoga poi, con un pianoforte nella parte alta della sua tastiera. La traccia si conclude con il sussurrato di “vita” e battiti di cuore di uno ancora da nascere, tenendo la sua identità pudicamente segreta. L’opus intero si conclude li.

Su questo album assistiamo alla prima fase evolutiva del duo, con una registrazione fatta a casa. Il gruppo stesso ci descrive limiti tecnici… Io ci vedo spazi, senza costretta di tempo, durante l’isolamento fra il Trentino e l’Alto Adige, per causa di festicciola mondiale. La possibilità di scambiarsi suoni e partiture digitale di alta qualità, crea vera materia per lavorare, crea tempo per pensare, per includere, per orchestrare… Anche il tempo di scegliere la copertina per Bekla printmaking di Clarissa Bebber, un artista Trentina che tratta immagini a tema naturalistico e crea copertine di CD per gruppi esteri. Yellow Atmospheres si avventura con successo nel mondo del multi pista, delle sovraincisioni e della preproduzione. Un album importante sull’anno avvenire. No, dai! scherzavo… Un album indispensabile!

- Rotta nel 060, avanti due quarti, profondità 030, torniamo alla base. Nessun altro segnale trattato. Ok, Jones???

- Aye, aye sir!

- Secondo li lascio il centrale e il compito di portarci a casa.

- Aye, aye sir!

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